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giovedì 3 dicembre 2020

SAN FRANCESCO SAVERIO


 

2 commenti:

  1. LITURGIA DELLA PAROLA

    Prima Lettura 1 Cor 9, 16-19.22-23
    Guai a me se non predicassi il vangelo!

    Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
    Fratelli, non è per me un vanto predicare il vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
    Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.

    Salmo Responsoriale Dal Salmo 116
    Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

    Lodate il Signore, popoli tutti,
    voi tutte, nazioni, dategli gloria.

    Forte è il suo amore per noi
    e la fedeltà del Signore dura in eterno.

    Canto al Vangelo Is 61,1
    Alleluia, alleluia.
    Lo spirito del Signore è su di me:
    mi ha mandato a portare
    il lieto annunzio ai poveri.
    Alleluia.





    Vangelo Mc 16, 15-20
    Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo.

    Dal vangelo secondo Marco
    In quel tempo, apparendo agli Undici, Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
    Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
    Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

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  2. La Chiesa ha una missione: predicare il Vangelo ad ogni uomo (Mc 16,15). Lo Spirito Santo non le ha mai lasciato mancare chi ne ha avvertito l’urgenza profonda. Francesco Saverio fu uno di questi grandi «missionari». Spagnolo, fu compagno di studi di Ignazio di Loyola a Parigi e, con lui, uno dei fondatori della Compagnia di Gesù. Partì missionario nel 1541 verso l’India e il Giappone: era il primo sacerdote europeo a raggiungere quelle antiche civiltà. Sostenuto da spirito di preghiera e di gioia, era buon organizzatore. Nel corso della sua predicazione intensissima percorse l’India, la Malacca, le Molucche, altre isole del Pacifico e il Giappone. Sapeva adattare il messaggio evangelico alle «culture» locali e pare abbia battezzato oltre trentamila pagani. Morì a soli 46 anni nell’isola di San Chao, stremato dalle fatiche. Si preparava ad evangelizzare la Cina. Il suo corpo è a Goa, in India. E’ patrono delle missioni.


    Guai a me se non predicherò il Vangelo!

    Dalle «Lettere» a sant'Ignazio di san Francesco Saverio, sacerdote

    Abbiamo percorso i villaggi dei neofiti, che pochi anni fa avevano ricevuto i sacramenti cristiani. Questa zona non è abitata dai Portoghesi, perché estremamente sterile e povera, e i cristiani indigeni, privi di sacerdoti, non sanno nient'altro se non che sono cristiani. non c'è nessuno che celebri le sacre funzioni, nessuno che insegni loro il Credo, il Padre nostro, l'Ave ed i Comandamenti della legge divina.
    Da quando dunque arrivai qui non mi sono fermato un istante; percorro con assiduità i villaggi, amministro il battesimo ai bambini che non l'hanno ancora ricevuto. Così ho salvato un numero grandissimo di bambini, i quali, come si dice, non sapevano distinguere la destra dalla sinistra. I fanciulli poi non mi lasciano né dire l'Ufficio divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei cieli.
    Perciò, non potendo senza empietà respingere una domanda così giusta, a cominciare dalla confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnavo loro il Simbolo apostolico, il Padre nostro e l'Ave Maria. Mi sono accorto che sono molto intelligenti e, se ci fosse qualcuno a istruirli nella legge cristiana, non dubito che diventerebbero ottimi cristiani.
    Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani. Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d'Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all'inferno!
    Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della scienza e dei talenti ricevuti!
    In verità moltissimi di costoro, turbati da questo pensiero, dandosi alla meditazione delle cose divine, si disporrebbero ad ascoltare quanto il Signore dice al loro cuore, e, messe da parte le loro brame e gli affari umani, si metterebbero totalmente a disposizione della volontà di Dio. Griderebbero certo dal profondo del loro cuore: «Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?» (At 9, 6 volg.). Mandami dove vuoi, magari anche in India.

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