Prima Lettura 1 Gv 4, 7-16 Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 62 L'anima mia ha sete del Dio vivente.
O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua.
Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode. Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani.
Se penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all'ombra delle tue ali. A te si stringe l'anima mia e la forza della tua destra mi sostiene.
Canto al Vangelo Cf 1 Gv 4,8.12 Alleluia, alleluia. Dio è amore; se ci amiamo a vicenda, Dio rimane in noi e il suo amore in noi è perfetto. Alleluia.
Vangelo Gv 15, 9-17 Non vi chiamo più servi, ma amici.
Dal vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».
Se tacete, tacete per amore. Se parlate, parlate per amore. Se correggete, correggete per amore. Se perdonate, perdonate per amore. Sia sempre in voi la radice dell’amore, perché solo da questa radice può scaturire l’amore. Amate, e fate ciò che volete. L’amore nelle avversità sopporta, nelle prosperità si modera, nelle sofferenze è forte, nelle opere buone è ilare, nelle tentazioni è sicuro, nell’ospitalità generoso, tra i veri fratelli lieto, tra i falsi paziente. E’ l’anima dei libri sacri, è virtù della profezia, è salvezza dei misteri, è forza della scienza, è frutto della fede, è ricchezza dei poveri, è vita di chi muore.
Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo (Lib. 7, 10, 18; 10, 27; CSEL 33, 157-163. 255) Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tu guida, entrai nell'intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto (cfr. Sal 29, 11). Entrai e vidi con l'occhio dell'anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi ancora poco se dicessi che era solo una luce più forte di quella comune, o anche tanto intensa da penetrare ogni cosa. Era un'altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l'olio che galleggia sull'acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma una luce superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce. O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi parve di udire la tua voce dall'alto che diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me». Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2, 5), «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Rm 9, 5). Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6); e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14). Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini. Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.
PAROLE DEI PAPI BENEDETTO XVI – Gesù di Nazareth – La parabola della Vite nei discorsi di Addio di Gesù porta avanti l'intera storia del pensiero e del discorso biblico sulla vite e apre un'ultima profondità. ”Io Sono la Vera Vite” dice il Signore (Gv 15,1). E' importante innanzitutto l'aggettivo “ vera”. Ma l'elemento essenziale e di massimo rilievo in questa frase è l'”Io Sono” ; il Figlio stesso si identifica con la Vite, è diventato Egli Stesso Vite. Si è lasciato piantare nella terra. E' entrato nella vite : il mistero dell'Incarnazione, di cui Giovanni ha parlato nel prologo, viene ripreso in modo sorprendente. Ora la vite non è più una creatura che Dio guarda con amore, ma che può anche sradicare e rigettare. Nel Figlio è diventato Egli stesso Vite, si è identificato per sempre e ontologicamente con la vite. Questa Vite non può mai più essere sradicata, non può mai più essere abbandonata al saccheggio: è definitivamente di Dio, attraverso il Figlio Stesso che vive in essa. La promessa è irrevocabile, l'unità è divenuta indistruttibile. Questo è il nuovo grande passo storico di Dio che costituisce il significato più profondo della parabola : Incarnazione, Morte e Resurrezione si rivelano in tutta la loro portata. Il “Figlio di Dio” Gesù Cristo … non fu “si” e “no”, ma in Lui c'è stato il Sì. E in realtà tutte le promesse di Dio in Lui son divenute Sì (2Cor 1,19) è così che lo esprime S. Paolo. Il Salmo 80,18 aveva legato strettamente il “Figlio dell'uomo” con la vite. Ma se il Figlio è ora diventato Egli stesso la Vite, ne consegue reciprocamente che Egli proprio in questo modo resta una cosa sola con i suoi, con tutti i figli di Dio dispersi che è venuto a raccogliere (Gv 11, 52). La vite come attributo cristologico contiene in sé anche un'intera Ecclesiologia. Indica l'unione inscindibile di Gesù con i suoi che , con Lui e per mezzo di Lui, son tutti “vite” e la cui vocazione è rimanere nella Vite. La parabola esprime l'inseparabilità di Gesù dai suoi, il loro essere una cosa sola con Lui e in Lui. Il discorso della Vite dimostra così l'irrevocabilità del dono fatto da Dio, che non verrà tolto. La vite non può più essere sradicata, non può più essere abbandonata al saccheggio. Abbisogna però, continuamente, della purificazione. Purificazione, frutto, rimanere, comandamento, amore, unità – sono queste le grandi parole – chiave di questo dramma dell'essere nella Vite in e con il Figlio, un dramma che il Signore pone dinanzi alla nostra anima con le Sue Parole .
Desidero esortarvi ad avere sempre una totale fiducia nell’azione della grazia divina. […] Infatti Gesù insiste di rimanere in Lui, di restare nel suo amore, di essere tralci innestati nella Vite, per portare frutti abbondanti; Gesù avverte chiaramente: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5) ed invita a pregare sempre, senza mai stancarci (Lc 18,1). Nelle varie crisi odierne delle idee e dei costumi si può talvolta essere delusi e sconfitti; sentire come l’ora del Getsemani, l’ora della Croce. Ma deve anche essere l’ora della suprema fiducia nella “grazia”, che agisce in modo invisibile, imprevedibile, misterioso, proprio anche mediante il travaglio della nostra umana impotenza. Ricordiamo San Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8,31-32). Siate perciò sempre e soprattutto anime che pregano, che adorano, che amano. Santa Caterina in una delle sue preghiere diceva: “Nella tua natura, Deità Eterna, conoscerò la natura mia”. E si domandava: “Qual è la natura mia? È fuoco!” (San Giovanni Paolo II - Discorso alle missionarie della scuola, Castel Gandolfo 25 agosto 1980)
Gli uomini, eletti eternamente dal Padre nel Figlio diletto, trovano in Cristo la Via per raggiungere il loro fine di figli adottivi. A Lui si uniscono diventando suo Corpo. Per Lui risalgono al Padre come un solo «insieme» con le cose della terra e del cielo.
Questo disegno divino trova la sua attuazione storica quando Gesù istituisce la Chiesa, che prima annunzia e poi fonda con il sacrificio del suo sangue e il mandato conferito agli Apostoli di pascere il suo gregge. […]
Per la realizzazione di questa comunione degli uomini in Cristo eternamente voluta da Dio, ha un'importanza essenziale il comandamento che Gesù stesso definisce «il mio comandamento». Egli lo chiama «un comandamento nuovo»: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri». «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati».
Il comandamento di amare Dio sopra ogni cosa, e il prossimo come se stessi, ha le sue radici nell'Antico Testamento. Ma Gesù lo sintetizza, lo formula in parole scultoree, vi dà un significato nuovo, come segno dell'appartenenza a Lui da parte dei suoi seguaci. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri». Cristo stesso è il vivo modello e costituisce la misura di quell'amore di cui parla nel suo comandamento: «Come io vi ho amato». (San Giovanni Paolo II - Udienza generale, 15 gennaio 1992) - Queste parole, pronunciate durante l’Ultima Cena, riassumono tutto il messaggio di Gesù; anzi, riassumono tutto ciò che Lui ha fatto: Gesù ha dato la vita per i suoi amici. Amici che non lo avevano capito, che nel momento cruciale lo hanno abbandonato, tradito e rinnegato. Questo ci dice che Egli ci ama pur non essendo noi meritevoli del suo amore: così ci ama Gesù! ( P. Francesco Regina coeli, 10 maggio 2015)
Nel contesto dell' Ultima Cena, le Parole che dicono l' Amore più grande, Parole Universali ed Eterne, siamo presi anche noi nel dinamismo del Figlio che ama il Padre e ci ama come il Padre Lo ama .E l'Amore vuole essere ricambiato e ce lo rivela con il “Rimanete”. Non siamo capaci di ricambiarlo , se non con l'osservare il Suo Comandamento , “Vi do un Comandamento nuovo : che vi amiate gli uni gli altri ; così come Io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Il Padre gli chiede l'Amore più grande, che va oltre la Vita, ed Egli Lo dona, donando Se Stesso. Egli che aveva introdotto nel Tempio , per Amore, quelli che ne erano esclusi, facendo crollare ogni divisione; Egli che ha affermato il primato dell'uomo sul sabato, predica il Tempio come casa di Preghiera , facendo di Sé il nuovo Tempio di Dio, ci chiede di restare in Lui, ad un'unica condizione : Amarci gli uni gli Altri! E avremo la Sua Gioia! Parola del Signore! Amen! Alleluja! Amore, ubbidienza e gioia ! I tre cardini della nostra Vita in Gesù! Della Vita della Chiesa, della vita dei popoli!!!!
Prima Lettura 1 Gv 4, 7-16
RispondiEliminaSe ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi.
Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.
Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 62
L'anima mia ha sete del Dio vivente.
O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta, arida, senz'acqua.
Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Se penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
Canto al Vangelo Cf 1 Gv 4,8.12
Alleluia, alleluia.
Dio è amore; se ci amiamo a vicenda,
Dio rimane in noi e il suo amore in noi è perfetto.
Alleluia.
Vangelo Gv 15, 9-17
Non vi chiamo più servi, ma amici.
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».
L’AMORE È TUTTO (S. AGOSTINO)
RispondiEliminaSe tacete, tacete per amore. Se parlate, parlate per amore.
Se correggete, correggete per amore.
Se perdonate, perdonate per amore.
Sia sempre in voi la radice dell’amore,
perché solo da questa radice può scaturire l’amore.
Amate, e fate ciò che volete.
L’amore nelle avversità sopporta,
nelle prosperità si modera,
nelle sofferenze è forte,
nelle opere buone è ilare,
nelle tentazioni è sicuro,
nell’ospitalità generoso,
tra i veri fratelli lieto,
tra i falsi paziente.
E’ l’anima dei libri sacri,
è virtù della profezia,
è salvezza dei misteri,
è forza della scienza,
è frutto della fede,
è ricchezza dei poveri,
è vita di chi muore.
Eterna verità e vera carità e cara eternità!
EliminaDalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo
(Lib. 7, 10, 18; 10, 27; CSEL 33, 157-163. 255)
Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tu guida, entrai nell'intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto (cfr. Sal 29, 11). Entrai e vidi con l'occhio dell'anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi ancora poco se dicessi che era solo una luce più forte di quella comune, o anche tanto intensa da penetrare ogni cosa. Era un'altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l'olio che galleggia sull'acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma una luce superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce.
O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi parve di udire la tua voce dall'alto che diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me».
Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2, 5), «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Rm 9, 5). Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6); e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14).
Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini.
Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.
PAROLE DEI PAPI
RispondiEliminaBENEDETTO XVI – Gesù di Nazareth – La parabola della Vite nei discorsi di Addio di Gesù porta avanti l'intera storia del pensiero e del discorso biblico sulla vite e apre un'ultima profondità.
”Io Sono la Vera Vite” dice il Signore (Gv 15,1). E' importante innanzitutto l'aggettivo “ vera”.
Ma l'elemento essenziale e di massimo rilievo in questa frase è l'”Io Sono” ; il Figlio stesso si identifica con la Vite, è diventato Egli Stesso Vite.
Si è lasciato piantare nella terra. E' entrato nella vite : il mistero dell'Incarnazione, di cui Giovanni ha parlato nel prologo, viene ripreso in modo sorprendente. Ora la vite non è più una creatura che Dio guarda con amore, ma che può anche sradicare e rigettare.
Nel Figlio è diventato Egli stesso Vite, si è identificato per sempre e ontologicamente con la vite.
Questa Vite non può mai più essere sradicata, non può mai più essere abbandonata al saccheggio: è definitivamente di Dio, attraverso il Figlio Stesso che vive in essa.
La promessa è irrevocabile, l'unità è divenuta indistruttibile. Questo è il nuovo grande passo storico di Dio che costituisce il significato più profondo della parabola : Incarnazione, Morte e Resurrezione si rivelano in tutta la loro portata.
Il “Figlio di Dio” Gesù Cristo … non fu “si” e “no”, ma in Lui c'è stato il Sì.
E in realtà tutte le promesse di Dio in Lui son divenute Sì (2Cor 1,19) è così che lo esprime S. Paolo.
Il Salmo 80,18 aveva legato strettamente il “Figlio dell'uomo” con la vite. Ma se il Figlio è ora diventato Egli stesso la Vite, ne consegue reciprocamente che Egli proprio in questo modo resta una cosa sola con i suoi, con tutti i figli di Dio dispersi che è venuto a raccogliere (Gv 11, 52).
La vite come attributo cristologico contiene in sé anche un'intera Ecclesiologia.
Indica l'unione inscindibile di Gesù con i suoi che , con Lui e per mezzo di Lui, son tutti “vite” e la cui vocazione è rimanere nella Vite. La parabola esprime l'inseparabilità di Gesù dai suoi, il loro essere una cosa sola con Lui e in Lui. Il discorso della Vite dimostra così l'irrevocabilità del dono fatto da Dio, che non verrà tolto.
La vite non può più essere sradicata, non può più essere abbandonata al saccheggio. Abbisogna però, continuamente, della purificazione.
Purificazione, frutto, rimanere, comandamento, amore, unità – sono queste le grandi parole – chiave
di questo dramma dell'essere nella Vite in e con il Figlio, un dramma che il Signore pone dinanzi alla nostra anima con le Sue Parole .
Desidero esortarvi ad avere sempre una totale fiducia nell’azione della grazia divina. […] Infatti Gesù insiste di rimanere in Lui, di restare nel suo amore, di essere tralci innestati nella Vite, per portare frutti abbondanti; Gesù avverte chiaramente: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5) ed invita a pregare sempre, senza mai stancarci (Lc 18,1). Nelle varie crisi odierne delle idee e dei costumi si può talvolta essere delusi e sconfitti; sentire come l’ora del Getsemani, l’ora della Croce. Ma deve anche essere l’ora della suprema fiducia nella “grazia”, che agisce in modo invisibile, imprevedibile, misterioso, proprio anche mediante il travaglio della nostra umana impotenza. Ricordiamo San Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8,31-32). Siate perciò sempre e soprattutto anime che pregano, che adorano, che amano. Santa Caterina in una delle sue preghiere diceva: “Nella tua natura, Deità Eterna, conoscerò la natura mia”. E si domandava: “Qual è la natura mia? È fuoco!”
Elimina(San Giovanni Paolo II - Discorso alle missionarie della scuola, Castel Gandolfo 25 agosto 1980)
EliminaGli uomini, eletti eternamente dal Padre nel Figlio diletto, trovano in Cristo la Via per raggiungere il loro fine di figli adottivi. A Lui si uniscono diventando suo Corpo. Per Lui risalgono al Padre come un solo «insieme» con le cose della terra e del cielo.
Questo disegno divino trova la sua attuazione storica quando Gesù istituisce la Chiesa, che prima annunzia e poi fonda con il sacrificio del suo sangue e il mandato conferito agli Apostoli di pascere il suo gregge. […]
Per la realizzazione di questa comunione degli uomini in Cristo eternamente voluta da Dio, ha un'importanza essenziale il comandamento che Gesù stesso definisce «il mio comandamento». Egli lo chiama «un comandamento nuovo»: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri». «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati».
Il comandamento di amare Dio sopra ogni cosa, e il prossimo come se stessi, ha le sue radici nell'Antico Testamento. Ma Gesù lo sintetizza, lo formula in parole scultoree, vi dà un significato nuovo, come segno dell'appartenenza a Lui da parte dei suoi seguaci. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri». Cristo stesso è il vivo modello e costituisce la misura di quell'amore di cui parla nel suo comandamento: «Come io vi ho amato». (San Giovanni Paolo II - Udienza generale, 15 gennaio 1992)
- Queste parole, pronunciate durante l’Ultima Cena, riassumono tutto il messaggio di Gesù; anzi, riassumono tutto ciò che Lui ha fatto: Gesù ha dato la vita per i suoi amici. Amici che non lo avevano capito, che nel momento cruciale lo hanno abbandonato, tradito e rinnegato. Questo ci dice che Egli ci ama pur non essendo noi meritevoli del suo amore: così ci ama Gesù! ( P. Francesco Regina coeli, 10 maggio 2015)
Nel contesto dell' Ultima Cena, le Parole che dicono l' Amore più grande, Parole Universali ed Eterne, siamo presi anche noi nel dinamismo del Figlio che ama il Padre e ci ama come il Padre Lo ama .E l'Amore vuole essere ricambiato e ce lo rivela con il “Rimanete”. Non siamo capaci di ricambiarlo , se non con l'osservare il Suo Comandamento , “Vi do un Comandamento nuovo : che vi amiate gli uni gli altri ; così come Io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Il Padre gli chiede l'Amore più grande, che va oltre la Vita, ed Egli Lo dona, donando Se Stesso. Egli che aveva introdotto nel Tempio , per Amore, quelli che ne erano esclusi, facendo crollare ogni divisione; Egli che ha affermato il primato dell'uomo sul sabato, predica il Tempio come casa di Preghiera , facendo di Sé il nuovo Tempio di Dio, ci chiede di restare in Lui, ad un'unica condizione : Amarci gli uni gli Altri! E avremo la Sua Gioia! Parola del Signore! Amen! Alleluja!
RispondiEliminaAmore, ubbidienza e gioia ! I tre cardini della nostra Vita in Gesù! Della Vita della Chiesa, della vita dei popoli!!!!