Antifona Ecco la donna saggia che costruì la sua casa; temendo il Signore camminò sulla retta via. (Cf. Prv 14,1-2)
Colletta O Dio, consolatore degli afflitti, che nella tua misericordia hai esaudito le pie lacrime di santa Monica con la conversione del figlio Agostino, per la loro comune intercessione donaci di piangere i nostri peccati e di ottenere la grazia del tuo perdono. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura Lavorando notte e giorno, vi abbiamo annunciato il Vangelo. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési 1Ts 2,9-13
Voi ricordate, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 138 (139)
R. Signore, tu mi scruti e mi conosci.
Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. R.
Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. R.
Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte», nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno. R.
Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. (1Gv 2,5)
Alleluia.
Vangelo Siete figli di chi uccise i profeti. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: ««Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
PAROLE DEI PAPI Chiediamo al Signore di non stancarci di andare su questa strada, di non stancarci di respingere questa religione dell’apparire, del sembrare, del fare finta di... E andare silenziosamente facendo il bene, gratuitamente come noi gratuitamente abbiamo ricevuto la nostra libertà interiore. E che Lui custodisca questa libertà interiore di tutti noi. Chiediamo questa grazia. (P. Francesco Santa Marta 11 ottobre 2016) Davanti a Gesù non ci sono segreti: Egli legge nel cuore, nel cuore di ognuno di noi. E questa capacità potrebbe inquietare perché, se usata male, nuoce alle persone, esponendole a giudizi privi di misericordia. Nessuno infatti è perfetto, tutti siamo peccatori, tutti sbagliamo, e se il Signore usasse la conoscenza delle nostre debolezze per condannarci, nessuno potrebbe salvarsi. Ma non è così. Egli infatti non se ne serve per puntarci il dito contro, ma per abbracciare la nostra vita, per liberarci dai peccati e per salvarci. A Gesù non interessa farci processi o sottoporci a sentenze; Egli vuole che nessuno di noi vada perduto. Lo sguardo del Signore su ognuno di noi non è un faro accecante che abbaglia e mette in difficoltà, ma è il chiarore gentile di una lampada amica, che ci aiuta a vedere in noi il bene e a renderci conto del male, per convertirci e guarire con il sostegno della sua grazia. (Papa Francesco - Angelus, 10 marzo 2024)
FAUSTI - “ Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!” dice Gesù parlando alla folla e ai discepoli, cioè a noi. Il male può uscire come trasgressione della legge, e si rivela come tale ; ma può uscire più sottilmente come la maschera dell'osservanza. Allora è più difficile da riconoscere. E' l'ipocrisia di chi fa il bene , ma non è mosso dall'amore. Il brano è tutto un test sull'ipocrisia religiosa, che c'è soprattutto là dove non è avvertita. Sorprende il tono minaccioso di Gesù, che si è definito . “mite e umile di cuore”. Il Signore parla delle deviazioni cultuali e pratiche o legali che sempre sono accovacciate in noi, dobbiamo riconoscerle e non farcene dominare. La Sua Parola richiama le vigorose invettive dei profeti : servono per scuotere da quella “pace perniciosa” (Cassiano) del male, che è il suo aspetto peggiore. E' segno di grande misericordia denunciare il male e maledirlo, dire-male del male e farne apparire l'inganno. Se la verità va fatta nella carità (Ef 4,15) , anche la carità va fatta nella verità. Noi preferiamo trascurare la verità in nome dell'amore, o trascurare l'amore in nome della verità, e così perdiamo ambedue, perchè ciò che è vero e ciò che è buono coincidono. Al bianco e al nero preferiamo la confusione indistinta del grigio uniforme. Ma, fin dal principio della creazione, la vita è distinzione. Chiamare le cose col loro nome , facendole uscire dal caos, è l'opera di Dio, che l'uomo è chiamato a continuare responsabilmente. L'oggetto del “Guai” è l'ipocrisia nelle sue varie manifestazioni. Nella vita personale uno che recita non entrerà mai in relazione con nessuno. La scissione tra ciò che si è e ciò che si dice, è l'empietà radicale : la menzogna che priva l'uomo del suo volto. Il nostro essere è essere figli del Padre. Il nostro apparire deve manifestarlo nella fraternità. Nelle sue opere uno realizza o contraddice ciò che è. Non dobbiamo recitare, bisogna essere non attori, ma fattori della Parola. Per Matteo l'ipocrisia, male supremo, è questa contraddizione tra dire e fare, o, meglio, tra dire e non fare ciò che si dice . È un abortire la Parola, invece che esserne generati e generarla. “Pagate la decima” la cecità si manifesta particolarmente nel legalismo : numerose norme e decreti regolano le cose anche minime ;ma la giustizia, la misericordia e la fedeltà sono trascurate. La stessa Parola sostituisce Colui che parla e e al quale siamo chiamati a rispondere. Chi è attento alla Parola in modo corretto ama il Padre e i fratelli, e in questo modo adempie la Legge – con delicatezza somma, anche nelle piccole cose – ma non per scrupolo e mania ritualistica, bensì per amore. L'assurdo del legalismo è di stare attento al dettaglio e non vedere l'insieme. Anzi, il dettaglio diventa l'oggetto di ossessione rituale, quasi una coazione meccanica e implacabile che uccide. “Purificate l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre all'interno...” L'esteriorità, accuratissima, nasconde un'interiorità piena di rapina e immondezza. Tutto è ridotto a un tentativo di rapire la gloria, e si cade schiavi di ogni passione, perché non si ha la conoscenza dell'amore che libera e purifica. Ciò che conta è il cuore puro, che vede Dio e in tutto vive l'Amore del Padre, diventando, come Lui, misericordioso verso ogni miseria.
Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo (Lib. 9, 10-11; CSEL 33, 215-219) Era ormai vicino il giorno in cui ella sarebbe uscita da questa vita, giorno che tu conoscevi mentre noi lo ignoravamo. Per tua disposizione misteriosa e provvidenziale, avvenne una volta che io e lei ce ne stessimo soli, appoggiati al davanzale di una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là presso Ostia, dove noi, lontani dal frastuono della gente, dopo la fatica del lungo viaggio, ci stavamo preparando ad imbarcarci. Parlavamo soli con grande dolcezza e, dimentichi del passato, ci protendevamo verso il futuro, cercando di conoscere alla luce della Verità presente, che sei tu, la condizione eterna dei santi, quella vita cioè che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9). Ce ne stavamo con la bocca anelante verso l'acqua che emana dalla tua sorgente, da quella sorgente di vita che si trova presso di te. Dicevo cose del genere, anche se non proprio in tal modo e con queste precise parole. Tuttavia, Signore, tu sai che in quel giorno, mentre così parlavamo e, tra una parola e l'altra, questo mondo con tutti i suoi piaceri perdeva ai nostri occhi ogni suo richiamo, mia madre mi disse: «Figlio, quanto a me non trovo ormai più alcuna attrattiva per questa vita. Non so che cosa io stia a fare ancora quaggiù e perché mi trovi qui. Questo mondo non è più oggetto di desideri per me. C'era un solo motivo per cui desideravo rimanere ancora un poco in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato dalle aspirazioni di felicità terrene. Che sto a fare qui?». Non ricordo bene che cosa io le abbia risposto in proposito. Intanto nel giro di cinque giorni o poco più si mise a letto con la febbre. Durante la malattia un giorno ebbe uno svenimento e per un pò di tempo perdette i sensi. Noi accorremmo, ma essa riprese prontamente la conoscenza, guardò me e mio fratello in piedi presso di lei, e disse, come cercando qualcosa: «Dove ero»? Quindi, vedendoci sconvolti per il dolore, disse: «Seppellire qui vostra madre». Io tacevo con un nodo alla gola e cercavo di trattenere le lacrime. Mio fratello, invece, disse qualche parola per esprimere che desiderava vederla chiudere gli occhi in patria e non in terra straniera. Al sentirlo fece un cenno di disapprovazione per ciò che aveva detto. Quindi rivolgendosi a me disse: «Senti che cosa dice?». E poco dopo a tutti e due: «Seppellirete questo corpo, disse, dove meglio vi piacerà; non voglio che ve ne diate pena. Soltanto di questo vi prego, che dovunque vi troverete, vi ricordiate di me all'altare del Signore». Quando ebbe espresso, come poté, questo desiderio, tacque. Intanto il male si aggrava ed essa continuava a soffrire. In capo a nove giorni della sua malattia, l'anno cinquantaseiesimo della sua vita, e trentatreesimo della mia, quell'anima benedetta e santa se ne partì da questa terra.
Antifona
RispondiEliminaEcco la donna saggia che costruì la sua casa;
temendo il Signore
camminò sulla retta via. (Cf. Prv 14,1-2)
Colletta
O Dio, consolatore degli afflitti,
che nella tua misericordia hai esaudito le pie lacrime
di santa Monica con la conversione del figlio Agostino,
per la loro comune intercessione
donaci di piangere i nostri peccati
e di ottenere la grazia del tuo perdono.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Lavorando notte e giorno, vi abbiamo annunciato il Vangelo.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
1Ts 2,9-13
Voi ricordate, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio.
Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 138 (139)
R. Signore, tu mi scruti e mi conosci.
Dove andare lontano dal tuo spirito?
Dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei;
se scendo negli inferi, eccoti. R.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra. R.
Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano
e la luce intorno a me sia notte»,
nemmeno le tenebre per te sono tenebre
e la notte è luminosa come il giorno. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. (1Gv 2,5)
Alleluia.
Vangelo
Siete figli di chi uccise i profeti.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: ««Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
Parola del Signore.
PAROLE DEI PAPI
RispondiEliminaChiediamo al Signore di non stancarci di andare su questa strada, di non stancarci di respingere questa religione dell’apparire, del sembrare, del fare finta di... E andare silenziosamente facendo il bene, gratuitamente come noi gratuitamente abbiamo ricevuto la nostra libertà interiore. E che Lui custodisca questa libertà interiore di tutti noi. Chiediamo questa grazia. (P. Francesco Santa Marta 11 ottobre 2016)
Davanti a Gesù non ci sono segreti: Egli legge nel cuore, nel cuore di ognuno di noi. E questa capacità potrebbe inquietare perché, se usata male, nuoce alle persone, esponendole a giudizi privi di misericordia. Nessuno infatti è perfetto, tutti siamo peccatori, tutti sbagliamo, e se il Signore usasse la conoscenza delle nostre debolezze per condannarci, nessuno potrebbe salvarsi. Ma non è così. Egli infatti non se ne serve per puntarci il dito contro, ma per abbracciare la nostra vita, per liberarci dai peccati e per salvarci. A Gesù non interessa farci processi o sottoporci a sentenze; Egli vuole che nessuno di noi vada perduto. Lo sguardo del Signore su ognuno di noi non è un faro accecante che abbaglia e mette in difficoltà, ma è il chiarore gentile di una lampada amica, che ci aiuta a vedere in noi il bene e a renderci conto del male, per convertirci e guarire con il sostegno della sua grazia.
(Papa Francesco - Angelus, 10 marzo 2024)
FAUSTI - “ Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!” dice Gesù parlando alla folla e ai discepoli, cioè a noi. Il male può uscire come trasgressione della legge, e si rivela come tale ; ma può uscire più sottilmente come la maschera dell'osservanza. Allora è più difficile da riconoscere.
RispondiEliminaE' l'ipocrisia di chi fa il bene , ma non è mosso dall'amore.
Il brano è tutto un test sull'ipocrisia religiosa, che c'è soprattutto là dove non è avvertita.
Sorprende il tono minaccioso di Gesù, che si è definito . “mite e umile di cuore”.
Il Signore parla delle deviazioni cultuali e pratiche o legali che sempre sono accovacciate in noi, dobbiamo riconoscerle e non farcene dominare.
La Sua Parola richiama le vigorose invettive dei profeti : servono per scuotere da quella “pace perniciosa” (Cassiano) del male, che è il suo aspetto peggiore.
E' segno di grande misericordia denunciare il male e maledirlo, dire-male del male e farne apparire l'inganno.
Se la verità va fatta nella carità (Ef 4,15) , anche la carità va fatta nella verità.
Noi preferiamo trascurare la verità in nome dell'amore, o trascurare l'amore in nome della verità, e così perdiamo ambedue, perchè ciò che è vero e ciò che è buono coincidono.
Al bianco e al nero preferiamo la confusione indistinta del grigio uniforme.
Ma, fin dal principio della creazione, la vita è distinzione.
Chiamare le cose col loro nome , facendole uscire dal caos, è l'opera di Dio, che l'uomo è chiamato a continuare responsabilmente. L'oggetto del “Guai” è l'ipocrisia nelle sue varie manifestazioni.
Nella vita personale uno che recita non entrerà mai in relazione con nessuno.
La scissione tra ciò che si è e ciò che si dice, è l'empietà radicale : la menzogna che priva l'uomo del suo volto. Il nostro essere è essere figli del Padre. Il nostro apparire deve manifestarlo nella fraternità. Nelle sue opere uno realizza o contraddice ciò che è. Non dobbiamo recitare, bisogna essere non attori, ma fattori della Parola. Per Matteo l'ipocrisia, male supremo, è questa contraddizione tra dire e fare, o, meglio, tra dire e non fare ciò che si dice . È un abortire la Parola, invece che esserne generati e generarla.
“Pagate la decima” la cecità si manifesta particolarmente nel legalismo :
numerose norme e decreti regolano le cose anche minime ;ma la giustizia, la misericordia e la fedeltà sono trascurate. La stessa Parola sostituisce Colui che parla e e al quale siamo chiamati a rispondere.
Chi è attento alla Parola in modo corretto ama il Padre e i fratelli, e in questo modo adempie la Legge – con delicatezza somma, anche nelle piccole cose – ma non per scrupolo e mania ritualistica, bensì per amore.
L'assurdo del legalismo è di stare attento al dettaglio e non vedere l'insieme.
Anzi, il dettaglio diventa l'oggetto di ossessione rituale, quasi una coazione meccanica e implacabile che uccide.
“Purificate l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre all'interno...” L'esteriorità, accuratissima, nasconde un'interiorità piena di rapina e immondezza.
Tutto è ridotto a un tentativo di rapire la gloria, e si cade schiavi di ogni passione, perché non si ha la conoscenza dell'amore che libera e purifica.
Ciò che conta è il cuore puro, che vede Dio e in tutto vive l'Amore del Padre, diventando, come Lui, misericordioso verso ogni miseria.
Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo
RispondiElimina(Lib. 9, 10-11; CSEL 33, 215-219)
Era ormai vicino il giorno in cui ella sarebbe uscita da questa vita, giorno che tu conoscevi mentre noi lo ignoravamo. Per tua disposizione misteriosa e provvidenziale, avvenne una volta che io e lei ce ne stessimo soli, appoggiati al davanzale di una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là presso Ostia, dove noi, lontani dal frastuono della gente, dopo la fatica del lungo viaggio, ci stavamo preparando ad imbarcarci. Parlavamo soli con grande dolcezza e, dimentichi del passato, ci protendevamo verso il futuro, cercando di conoscere alla luce della Verità presente, che sei tu, la condizione eterna dei santi, quella vita cioè che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9). Ce ne stavamo con la bocca anelante verso l'acqua che emana dalla tua sorgente, da quella sorgente di vita che si trova presso di te. Dicevo cose del genere, anche se non proprio in tal modo e con queste precise parole. Tuttavia, Signore, tu sai che in quel giorno, mentre così parlavamo e, tra una parola e l'altra, questo mondo con tutti i suoi piaceri perdeva ai nostri occhi ogni suo richiamo, mia madre mi disse: «Figlio, quanto a me non trovo ormai più alcuna attrattiva per questa vita. Non so che cosa io stia a fare ancora quaggiù e perché mi trovi qui. Questo mondo non è più oggetto di desideri per me. C'era un solo motivo per cui desideravo rimanere ancora un poco in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato dalle aspirazioni di felicità terrene. Che sto a fare qui?».
Non ricordo bene che cosa io le abbia risposto in proposito. Intanto nel giro di cinque giorni o poco più si mise a letto con la febbre. Durante la malattia un giorno ebbe uno svenimento e per un pò di tempo perdette i sensi. Noi accorremmo, ma essa riprese prontamente la conoscenza, guardò me e mio fratello in piedi presso di lei, e disse, come cercando qualcosa: «Dove ero»?
Quindi, vedendoci sconvolti per il dolore, disse: «Seppellire qui vostra madre». Io tacevo con un nodo alla gola e cercavo di trattenere le lacrime. Mio fratello, invece, disse qualche parola per esprimere che desiderava vederla chiudere gli occhi in patria e non in terra straniera. Al sentirlo fece un cenno di disapprovazione per ciò che aveva detto. Quindi rivolgendosi a me disse: «Senti che cosa dice?». E poco dopo a tutti e due: «Seppellirete questo corpo, disse, dove meglio vi piacerà; non voglio che ve ne diate pena. Soltanto di questo vi prego, che dovunque vi troverete, vi ricordiate di me all'altare del Signore».
Quando ebbe espresso, come poté, questo desiderio, tacque. Intanto il male si aggrava ed essa continuava a soffrire.
In capo a nove giorni della sua malattia, l'anno cinquantaseiesimo della sua vita, e trentatreesimo della mia, quell'anima benedetta e santa se ne partì da questa terra.