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venerdì 19 giugno 2020

MARIA SS.CONSOLATA E CONSOLATRICE


3 commenti:

  1. LETTURA DEL GIORNO
    Dal libro del profeta Isaìa
    Is 61,9-11

    Sarà famosa tra le genti la loro stirpe,
    la loro discendenza in mezzo ai popoli.
    Coloro che li vedranno riconosceranno
    che essi sono la stirpe benedetta dal Signore.

    Io gioisco pienamente nel Signore,
    la mia anima esulta nel mio Dio,
    perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
    mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
    come uno sposo si mette il diadema
    e come una sposa si adorna di gioielli.

    Poiché, come la terra produce i suoi germogli
    e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
    così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
    e la lode davanti a tutte le genti.

    VANGELO DEL GIORNO
    Dal Vangelo secondo Luca
    Lc 2,41-51

    I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

    Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.

    Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

    Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

    PAROLE DEL SANTO PADRE
    Nella famiglia di Nazareth non è mai venuto meno lo stupore, neanche in un momento drammatico come lo smarrimento di Gesù: è la capacità di stupirsi di fronte alla graduale manifestazione del Figlio di Dio. È lo stesso stupore che colpisce anche i dottori del tempio, ammirati «per la sua intelligenza e le sue risposte» (v. 47). Ma cos’è lo stupore, cos’è stupirsi? Stupirsi e meravigliarsi è il contrario del dare tutto per scontato, è il contrario dell’interpretare la realtà che ci circonda e gli avvenimenti della storia solo secondo i nostri criteri. (Angelus, 30 dicembre 2018)

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  2. FAUSTI – Tre volte l'anno le celebrazioni richiamano a Gerusalemme i pellegrini : a Pasqua, a Pentecoste e ai Tabernacoli. Chi è lontano può andarci una sola volta .Gesù si inserisce nell'obbedienza della Sua Famiglia alla legge del Signore e va a celebrare la Sua Pasqua.
    Era già stato al Tempio 12 anni prima per essere offerto a Dio (2,22). Ora ritorna.
    Fino a 13 anni il bambino è minorenne, figlio dei suoi genitori che l'hanno ricevuto in dono. Devono insegnargli la Parola che lo rende figlio di Dio, unico Padre. Dai 12 ai 13 anni c'è il tirocinio che definitivo e poi diventa adulto, “figlio della legge” , tenuto, come i suoi genitori, a conoscere e compiere la Volontà di Dio.
    L'uomo diventa la Parola che ascolta.Questa ha il potere di generarlo a una vita pienamente umana, lo rende libero e responsabile, capace di entrare in dialogo con Dio.
    C'è chi non è mai adulto e libero, ma rimane sempre piccolo, in dialogo solo con i propri bisogni.
    Gesù adempie l'obbligo del pellegrinaggio con un anno di anticipo, mosso dallo stesso desiderio che Lo spingerà a Gerusalemme per mangiare la Sua Pasqua. Tutta la Sua Vita sarà una salita, un pellegrinaggio a Gerusalemme dove la Sua Sapienza Lo porta e Lo trattiene necessariamente, per essere Figlio in obbedienza al Padre.
    Il racconto anticipa il “viaggio pasquale” di Gesù.
    Luca, dopo avere delineato la preistoria attraverso le linee portanti della promessa, traccia con vigorosa prospettiva un disegno del Suo futuro, rivelandoci la follia della Sua Sapienza, che Lo porterà all'impotenza che ci salva. I tre giorni di smarrimento a Gerusalemme sono il preludio della Sua morte e Risurrezione.
    Finiti i giorni della Pasqua, Gesù non torna indietro.
    Gli altri dovranno tornare indietro per incontrarlo.
    Ma il mistero del Suo resistere a Gerusalemme non è riconosciuto dai Suoi. Essi non possono non pensare che che Lui sia nel “cammino con gli altri” , ma le Sue vie non sono le nostre vie, i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri (Is 55,8).
    Gesù non si trova tra i parenti secondo la carne, perchè i Suoi parenti sono “ Coloro che ascoltano la Parola di Dio” (8,21).
    Il Figlio perduto è “trovato” dopo tre giorni nel Tempio, nella Gloria di Dio, “seduto”, ormai arrivato al termine della fatica, che solennemente ammaestra nella Parola di Dio coloro che della Parola erano i maestri.
    Lui, il Servo che resiste tre giorni a Gerusalemme, è la Sapienza che interroga e dà risposta alla promessa di Dio.
    Al vederlo i Suoi rimangono “colpiti” e gli raccontano tutto il dolore della perdita e l'ansia della ricerca. Gesù non rimprovera per la ricerca . Rimprovera per il modo, proprio quelli che “non sanno” e non capiscono il disegno del Padre.
    La prima e ultima Parola di Gesù è “Padre”. La paternità di Dio fa da inclusione a tutto il Vangelo.
    Lui “deve” occuparsi delle cose del Padre, perché è il Figlio che ascolta e risponde a ciò che il Padre ha detto. Le “cose del Padre” rappresentano la Sua Volontà, in cui il Figlio obbediente abita di casa, fino da essere Lui la Parola del Padre.
    Nel Suo pellegrinaggio, definitivamente concluso presso il Padre che ascolta e al quale risponde, è aperto a noi il cammino che ci porta verso la Gloria dalla quale ci eravamo allontanati.
    Maria, che ancora non capisce, è modello della Chiesa : “custodisce attraverso il tempo “ questi detti, come un seme che crescerà. Come Lei anche il catecumeno non comprende subito il grande mistero dei tre giorni di Gesù col Padre.
    E come Lei, custodisce nel cuore le Parole, le impara a memoria, anche se la loro comprensione ancora gli sfugge.
    In questo ricordo costante della Parola accolta, il cuore progressivamente si illumina nella conoscenza del Signore.

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  3. Santa Maria, donna dei nostri giorni, vieni ad abitare in mezzo a noi. Tu hai predetto che tutte le generazioni ti avrebbero chiamata beata. Ebbene, tra queste generazioni c'è anche la nostra, che vuole cantarti la sua lode non solo per le cose grandi che il Signore ha fatto in te nel passato, ma anche per le meraviglie che egli continua a operare in te nel presente.
    Fa' che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi. Non come Signora che viene da lontano a sbrogliarceli con la potenza della sua grazia o con i soliti moduli stampati una volta per sempre. Ma come una che, gli stessi problemi, li vive anche lei sulla sua pelle, e ne conosce l'inedita drammaticità, e ne percepisce le sfumature del mutamento, e ne coglie l'alta quota di tribolazione.

    Santa Maria, donna dei nostri giorni, liberaci dal pericolo di pensare che le esperienze spirituali vissute da te duemila anni fa siano improponibili oggi per noi, figli di una civiltà che, dopo essersi proclamata postmoderna, postindustriale e postnonsoché, si qualifica anche come postcristiana.
    Facci comprendere che la modestia, l'umiltà, la purezza sono frutti di tutte le stagioni della storia, e che il volgere dei tempi non ha alterato la composizione chimica di certi valori quali la gratuità, l'obbedienza, la fiducia, la tenerezza, il perdono. Sono valori che tengono ancora e che non andranno mai in disuso. Ritorna, perciò, in mezzo a noi, e offri a tutti l'edizione aggiornata di quelle grandi virtù umane che ti hanno resa grande agli occhi di Dio.

    Santa Maria, donna dei nostri giorni, dandoti per nostra madre, Gesù ti ha costituita non solo conterranea, ma anche contemporanea di tutti. Prigioniera nello stesso frammento di spazio e di tempo. Nessuno, perciò, può addebitarti distanze generazionali, né gli è lecito sospettare che tu non sia in grado di capire i drammi della nostra epoca.
    Mettiti, allora, accanto a noi, e ascoltaci mentre ti confidiamo le ansie quotidiane che assillano la nostra vita moderna: lo stipendio che non basta, la stanchezza da stress, l'incertezza del futuro, la paura di non farcela, la solitudine interiore, l'usura dei rapporti, l'instabilità degli affetti, l'educazione difficile dei figli, l'incomunicabilità perfino con le persone più care, la frammentazione assurda del tempo, il capogiro delle tentazioni, la tristezza delle cadute, la noia del peccato.
    Facci sentire la tua rassicurante presenza, o coetanea dolcissima di tutti. E non ci sia mai un appello in cui risuoni il nostro nome, nel quale, sotto la stessa lettera alfabetica, non risuoni anche il tuo, e non ti si oda rispondere: «Presente!».
    Come un' antica compagna di scuola.
    + Don Tonino Bello

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