Translate

mercoledì 2 novembre 2022

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI (2)


 

3 commenti:

  1. Antifona
    L’eterno riposo dona loro, o Signore,
    e splenda ad essi la luce perpetua. (Cf. 4 Esd 2,34-35 (Volg.)


    O Dio, gloria dei credenti e vita dei giusti,
    che ci hai salvati con la morte
    e la risurrezione del tuo Figlio,
    sii misericordioso con i tuoi fedeli defunti;
    a loro, che hanno creduto nel mistero
    della nostra risurrezione,
    dona la gioia della beatitudine eterna.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo.

    Prima Lettura
    Il Signore eliminerà la morte per sempre.
    Dal libro del profeta Isaìa
    Is 25,6a.7-9

    In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti
    per tutti i popoli, su questo monte,
    un banchetto di grasse vivande.
    Egli strapperà su questo monte
    il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
    e la coltre distesa su tutte le nazioni.
    Eliminerà la morte per sempre.
    Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,
    l'ignominia del suo popolo
    farà scomparire da tutta la terra,
    poiché il Signore ha parlato.
    E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio;
    in lui abbiamo sperato perché ci salvasse.
    Questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
    rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

    Parola di Dio.


    Salmo Responsoriale
    Dal Sal 24 (25)
    R. Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
    Oppure:
    R. A te, Signore, innalzo l'anima mia.
    Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
    e del tuo amore, che è da sempre.
    Ricòrdati di me nella tua misericordia,
    per la tua bontà, Signore. R.

    Allarga il mio cuore angosciato,
    liberami dagli affanni.
    Vedi la mia povertà e la mia fatica
    e perdona tutti i miei peccati. R.

    Proteggimi, portami in salvo;
    che io non resti deluso,
    perché in te mi sono rifugiato.
    Mi proteggano integrità e rettitudine,
    perché in te ho sperato. R.


    Seconda Lettura
    Aspettiamo la redenzione del nostro corpo.
    Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
    Rm 8,14-23

    Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
    Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
    Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
    La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
    Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

    Parola di Dio.

    RispondiElimina
  2. PAROLE DEL SANTO PADRE
    “A volte passiamo davanti a situazioni di drammatica povertà e sembra che non ci tocchino; tutto continua come se nulla fosse, in una indifferenza che alla fine rende ipocriti e, senza che ce ne rendiamo conto, sfocia in una forma di letargo spirituale che rende insensibile l’animo e sterile la vita. La gente che passa, che va avanti nella vita senza accorgersi delle necessità degli altri, senza vedere tanti bisogni spirituali e materiali, è gente che passa senza vivere, è gente che non serve agli altri. Ricordatevi bene: chi non vive per servire, non serve per vivere”. (Udienza giub. 30 giugno 2016)


    FAUSTI - “Quando il Figlio dell'Uomo verrà nella Sua Gloria...”: si tratta della Sua venuta,che conclude la storia dell'uomo e del mondo. Questa venuta non è una meteora che scende dal cielo : è la meta del cammino affidato alla nostra responsabilità.
    Per capire il senso proprio di questo brano è importante sapere che viene dopo i tre precedenti e immediatamente prima della Passione, dove il Re ci si presenta povero e deriso, estraneo a tutti e condannato,legato e percosso, nudo e ferito, che finisce in croce.
    Nei più piccoli dei fratelli, il lettore cristiano vede il suo Re. In loro infatti continua la Passione del Signore per la salvezza del mondo.
    C'è chi intende questo racconto in modo non universale, ma restrittivo: è il giudizio dei pagani,che saranno giudicati non per la fede,che non hanno, ma per il loro amore verso gli ultimi.
    Questi ultimi, chiamati da Gesù “miei fratelli”sono, secondo alcuni autori antichi e recenti,i discepoli stessi, che staran al Suo fianco per giudicare il mondo. Sarebbe a dire che la salvezza o meno viene dall'accoglienza o meno dei discepoli.
    Il giudizio è una separazione, compiuta in base al comando dell'amore. Non c'è altra distinzione tra gli uomini. Ma tale giudizio aspetta a Dio, che è Misericordia e non a noi. Infatti se noi giudichiamo, siamo giudicati, perché senza misericordia.
    Non è chiaro perchè il Pastore separi pecore da capri. A meno che si intenda per pecore gli animali minuti in genere e per capri i capretti , animali destinati al macello.
    Allora il significato è chiaro : si divide tra chi è destinato alla vita e chi è destinato alla morte.
    Comunque è evidente che gli uomini saranno giudicati secondo il comando dell'Amore.
    “Quanto faceste a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo faceste a Me!” risponderà il Signore a chi chiederà, alla fine, quando mai L'ha visto. Per cinque volte escono gli avverbi “allora” “quando” , allora, cioè alla fine, vedremo che il quando è ora.
    E il segno della Sua venuta è quello “dei più piccoli di questi miei fratelli” con i quali Lui è sempre presente in mezzo a noi
    Il giudizio, che il Re farà di noi “allora” è lo stesso che noi facciamo al povero.
    In realtà siamo noi a giudicarlo, accogliendolo o respingendolo. Lui non farà altro che constatare ciò che noi facciamo. Alla fine leggerà ciò che noi liberamente abbiamo scritto.
    Ce lo dice in anticipo, con una rappresentazione efficace, per aprirci gli occhi su ciò che stiamo facendo ora.
    L'amore che abbiamo verso l'altro è verso Dio : mi realizzo come figlio vivendo da fratello. Tutta la Legge infatti si riduce ad amare il Signore e il prossimo con lo stesso atto d'amore, perché Lui si è fatto mio prossimo e fratello nel Figlio.

    RispondiElimina
  3. -->Chi non ama Dio e non osserva la Sua Parola, non ama i figli di Dio (1Gv 5,2).
    In conclusione possiamo dire che il giudizio finale, come tutto il discorso escatologico, ci rimanda dal futuro al presente. L'etica si fonda sull'escatologia. L'uomo è tale perchè agisce ragionevolmente, per un fine che desidera. Questa è la meta verso cui tende, senza la quale non va da nessuna parte . Il suo agire si riduce a un agitarsi insensato, spinto dalla necessità e privo di libertà. Il fine dell'uomo è diventare come Dio. L'errore di Adamo non è il voler diventare come Lui, ma il non sapere chi è Lui.
    Si diventa come Dio amando, perché Lui è Amore!
    Gesù è sempre con noi, come i poveri, come il più piccolo tra i fratelli.
    La Chiesa, nel suo amore per l'ultimo, ama il Suo Signore, e sa che non è Lei a salvare il povero, ma il povero a salvare Lei.
    “Quanto faceste a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo faceste a Me!” risponderà il Signore a chi chiederà, alla fine, quando mai L'ha visto. Per cinque volte escono gli avverbi “allora” “quando” , allora, cioè alla fine, vedremo che il quando è ora.
    E il segno della Sua venuta è quello “dei più piccoli di questi miei fratelli” con i quali Lui è sempre presente in mezzo a noi
    Il giudizio, che il Re farà di noi “allora” è lo stesso che noi facciamo al povero.
    In realtà siamo noi a giudicarlo, accogliendolo o respingendolo. Lui non farà altro che constatare ciò che noi facciamo. Alla fine leggerà ciò che noi liberamente abbiamo scritto.
    Ce lo dice in anticipo, con una rappresentazione efficace, per aprirci gli occhi su ciò che stiamo facendo ora.
    L'amore che abbiamo verso l'altro è verso Dio : mi realizzo come figlio vivendo da fratello. Tutta la Legge infatti si riduce ad amare il Signore e il prossimo con lo stesso atto d'amore, perché Lui si è fatto mio prossimo e fratello nel Figlio.
    Chi non ama Dio e non osserva la Sua Parola, non ama i figli di Dio (1Gv 5,2).
    In conclusione possiamo dire che il giudizio finale, come tutto il discorso escatologico, ci rimanda dal futuro al presente. L'etica si fonda sull'escatologia. L'uomo è tale perchè agisce ragionevolmente, per un fine che desidera. Questa è la meta verso cui tende, senza la quale non va da nessuna parte . Il suo agire si riduce a un agitarsi insensato, spinto dalla necessità e privo di libertà. Il fine dell'uomo è diventare come Dio.
    L'errore di Adamo non è il voler diventare come Lui, ma il non sapere chi è Lui.
    Si diventa come Dio amando, perché Lui è Amore!
    Gesù è sempre con noi, come i poveri, come il più piccolo tra i fratelli.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.