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venerdì 28 giugno 2024

S. IRENEO, VESCOVO E MARTIRE, DOTTORE DELLA CHIESA


 

7 commenti:

  1. Prima Lettura 2 Tm 2, 22b-26
    Il servo del Signore deve essere mite con tutti, dolce nel riprendere.

    Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
    Carissimo, cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro. Evita inoltre le discussioni sciocche e non educative, sapendo che generano contese.
    Un servo del Signore non dev'essere litigioso, ma mite con tutti, atto a insegnare, paziente nelle offese subite, dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità e ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo, che li ha presi nella rete perché facessero la sua volontà.

    Salmo Responsoriale Dal Salmo 118
    Mia gioia, Signore, è la tua parola.

    Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
    Custodendo le tue parole.
    Con tutto il cuore ti cerco:
    non farmi deviare dai tuoi precetti.

    Conservo nel cuore le tue parole
    per non offenderti con il peccato.
    Benedetto sei tu, Signore;
    mostrami il tuo volere.

    Con le mie labbra ho enumerato
    tutti i giudizi della tua bocca.
    Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
    più che in ogni altro bene.

    Canto al Vangelo Gv 15,4.5
    Alleluia, alleluia.
    Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
    chi rimane in me porta molto frutto.
    Alleluia.





    Vangelo Gv 17, 20-26
    Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io.

    Dal vangelo secondo Giovanni
    In quel tempo, alzati gli occhi al cielo, Gesù pregò dicendo: «Padre santo, non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
    E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.
    Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.
    Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

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  2. FAUSTI – Gesù, dopo aver chiesto per i discepoli presenti, chiede le stesse cose per quelli che crederanno in Lui attraverso la loro Parola.
    Tra questi siamo anche noi, gli attuali lettori del Vangelo.
    Come il futuro dei fratelli presenti, così anche i fratelli futuri sono già presenti nella preghiera del Figlio, che tutti abbraccia e a ciascuno dona il Suo rapporto con il Padre.
    Gesù è inviato al mondo per manifestare il “Nome” : è il Figlio che ci mostra il Padre , amandoci con lo stesso amore con il quale è amato da Lui.
    La Chiesa, unita al Figlio e al Padre, continua la missione di Gesù.
    Gesù chiede, anche per i discepoli futuri, che siano “uno”. L'essere uno nell'amore rivela sulla terra la santità di Dio unico Padre di tutti.
    Nell'unione tra i fratelli si conosce il Padre e il Suo amore. L'unione tra i fratelli è la “Gloria”, il cielo che si riflette sulla terra: Dio si rivela al creato e lo deifica, a lode sua e salvezza nostra.
    Questa unione tra i fratelli è infatti la continuazione, nello spazio e nel tempo,
    dell'incarnazione del Figlio.
    Questa è la glorificazione Sua e del Padre , che Gesù chiede all'inizio della Sua preghiera.
    I discepoli, pur restando nel mondo, uniti a Gesù come i tralci alla vite, sono “uno” nel Figlio e nel Padre. Vivono della stessa vita, immersi nell'abisso senza fondo del loro amore reciproco, grembo unico di tutto.
    Sono “uno” in Dio, in cielo ; per questo sono “uno” anche sulla terra.
    Attraverso il nostro amore fraterno tutti gli uomini possono conoscere Dio come Padre ; nessuno escluso, perchè tutti siamo Suoi figli amati.
    Il frutto della nostra missione viene dalla nostra unione con il Figlio,
    che ci unisce al Padre e tra di noi.
    La missione non è che l'irradiamento della Gloria : il mondo vede il Padre nel volto dei fratelli di Colui che ha detto :” Chi ha visto me, ha visto il Padre” ( 14, 9).
     Alla luce di questa preghiera comprendiamo il senso profondo della storia e dei suoi attori dal punto di vista di chi l'ha messa in moto.
    Al principio c'è il Padre che dà tutto al Figlio e lo “glorifica”, “custodendo” e “santificando nella verità” i Suoi discepoli : il Figlio, a sua volta, “dà” ai discepoli “ vita eterna “,le Sue “parole”,la “Parola” e la “Gloria”, “manifestando “ e “facendo conoscere” il “Nome “ del Padre, perchè giungano a “essere uno” tra di loro, con Lui e il Padre, partecipando alla Sua “gioia completa” di Figlio.
    Gesù ha riversato su di noi l'amore che ha ricevuto dal Padre. Per questo abbiamo la Sua gloria, tutto il Suo potere : siamo Suoi figli e possiamo amarci come Lui ci ha amati.
    Il Figlio è nei credenti che Lo amano perchè li ha amati.
    Il Padre a sua volta, è in noi come nel Figlio che Lo ama.
    Siamo “uno” come Dio, perchè in noi dimora il Figlio e anche il Padre, che in Lui dimora, come Lui nel Padre.
     

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  3. “-->Affinchè il mondo lo conosca come “il Figlio” mandato a “manifestare l'Amore “ del Padre. Queste semplici parole racchiudono insieme il destino della terra e del cielo, del tempo e dell'eternità: l'universo intero è attirato e pervaso dalla Gloria.
    Alla fine tutti saremo figli, conosceremo l'Amore del Padre e potremo dire : “ Abbiamo riconosciuto e creduto all'Amore che Dio ha per noi. Dio è Amore, , chi sta nell'Amore dimora in Dio e Dio dimora in lui “(1 Gv4,16).
    Il fine e il mezzo della missione , sia per Gesù che per i Suoi discepoli, è sempre e solo l'Amore.
    Nella misura in cui i discepoli crescono nella unità fraterna, manifestano al mondo il volto del Figlio inviato dal Padre.
    L'unione tra i discepoli fa conoscere al mondo l'Amore che il Padre ha per il Figlio : è lo stesso del Figlio per i fratelli e dei fratelli tra di loro (13,34 – 15,12).
    La rivelazione di Gesù tocca qui il Suo vertice . noi siamo una cosa sola con il Padre , che ci ama con lo stesso Amore unico e totale con cui ama il Figlio Suo unigenito.
    Il credente è davvero entusiasta (= respira in Dio) , perchè è nel Padre e nel Figlio, che lo amano di amore eterno.
    Di questo Amore infinito tutti abbiamo sete : è necessario come l'acqua per vivere.
    Desideriamo che ci sia, ma temiamo che non ci sia.
    Gesù è venuto a donarcelo. E' ciò che contempleremo nel seguito del Vangelo.  Da qui contempliamo la Sua Gloria di Unigenito, quella che i discepoli hanno visto nella Parola diventata carne.
    Se” l'uomo vivente è gloria di Dio , la visione di Dio è gloria dell'uomo”.
    La Sua gloria risplende sul nostro volto, trasfigurandoci a immagine del Suo (2 Cor 3,18).
    La visione della quale Gesù parla non è solo una realtà futura, dopo la morte o dopo il Suo ritorno : chi è a suo fianco “conosce” il Suo Amore reciproco con il Padre.
    Questa è la vita eterna, che già ora otteniamo, nella nostra condizione terrestre, come Gesù nella Sua carne, viviamo la vita celeste.
    Non solo siamo chiamati figli di Dio, ma lo siamo realmente , anche se in modo ancora velato
    (1Gv 3,1). Questa visione presente non esclude quella futura, che ne sarà il disvelamento pieno.
    La stessa morte è ormai “insussistente” come morte : diventa il travaglio del parto.
    Infatti la conoscenza del Padre vince il peccato , pungiglione della morte, che ci avvelena l'esistenza (1 Cor 15, 56).
    La nostra vita non è più per la morte, ma è un passaggio da questo mondo al Padre, un venire alla luce nella nostra condizione di figli.
    Posti accanto a Gesù siamo Suoi compagni : morti e risorti con Lui, camminiamo in una vita nuova (Rom 6,4 – Col 2,12).

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  4. -->Siamo addirittura seduti alla destra di Dio (Ef 2,6) , la nostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. (Col 3,3).
    Già su questa terra ci è dato di contemplare la gloria dell'amore, ma come in uno specchio (1 Cor 13,12). Quando però si manifesterà Cristo, nostra vita, anche noi saremo manifestati con Lui nella gloria (Col 3,4)e lo vedremo faccia a faccia così come Egli è.
    Allora la nostra trasformazione, già in atto, sarà compiuta.
    Il Padre ha dato a Gesù la Gloria del Figlio, come gli ha dato la corona dei fratelli : la gloria “che hai dato a me” si rivela in coloro “ che hai dato a me” e sono “accanto a me” , ”dove sono Io
    La conoscenza del Padre fa sì che il Figlio sia tale. La coscienza di Gesù come Figlio di Dio è la Sua conoscenza dell'Amore del Padre, di cui vive e che ci rivela. Se Gesù non avesse avuto coscienza di essere Figlio di Dio, non lo sarebbe ; e non si capirebbe nulla di ciò che ha fatto e detto. Infatti non rivela altro che il Suo essere Figlio, epifania, o meglio, “enfania” del Padre :
    “Chi ha visto me ha visto il Padre” (14,9).
    I discepoli, a differenza del mondo, hanno ricevuto la conoscenza del Padre attraverso Gesù Cristo, Suo Figlio.
    La prima conoscenza dei discepoli è quella di Gesù, come “mandato dal Padre”, Figlio inviato ai fratelli. Tutto ciò che ha fatto e detto per noi, ci schiude la Gloria, del Padre e Sua.
     L'Amore totale e assoluto che il Padre ha verso il Figlio (24b), è lo stesso che Egli ha verso ogni uomo (23b), suo figlio nel Figlio.
    Con la Sua vita da fratello, Gesù è venuto a donarcelo : e non a misura (3,34) ma in modo completo (19,30). Attraverso di Lui anche noi conosciamo il Padre. Allora il Suo Amore è anche in noi.
    Infatti, vedendo l'Amore di Gesù che ci ama con lo stesso Amore del Padre (15,9), gli apriamo il cuore.
    Così diventiamo figli, capaci di amare come siamo amati.
    Il fine dell'azione di Gesù è che noi, contemplando la Sua gloria, abbiamo in noi stessi l'Amore che il Padre ha per Lui, in modo che anche noi ne viviamo.

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    1. La preghiera di Gesù per noi! Per noi che Lo abbiamo incontrato nella Sua Parola e nella esperienza quotidiana della Sua Presenza , prega ! Egli sa di che siamo sempre bisognosi, di quanto perdono, di quanta forza, di quanta verità in noi stessi, di quanta misericordia per ogni situazione di dispersione nostra o altrui, di quanta Grazia! E certo continuiamo a riceverla “ Dalla Sua Pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e Grazia su Grazia” come scrive Giovanni ( Gv 1, 16) e continueremo attraverso la Sua Misericordia e la Sua Mediazione!
      Paolo scrive :” (Dio) , vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della Verità. Uno Solo, infatti, è Dio e Uno Solo il Mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù, che ha dato Se Stesso in riscatto per tutti!”(1Tim2, 4-6).
      E nel pensiero di Paolo consegue che .” Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure, senza ira e senza contese.(1 Tim 2,8) se siamo solleciti delle necessità degli altri, perchè :”L'Amore di Cristo ci spinge! , al pensiero che Uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti.Ed egli è morto per tutti, perchè quelli che vivono non vivano iù per se stessi, ma per Colui che è morto ed è Risuscitato per loro” (2 Cor 5,14-17).
      La preghiera di Gesù raggiunge noi e tutti coloro che ricevono la nostra testimonianza, perché tutti siano salvati, come desidera il Padre. Gesù dice a Nicodemo :” Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Unico Figlio, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la Vita Eterna!”(Gv 3, 16).

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  5. L'uomo vivente è gloria di Dio;
    vita dell'uomo è la visione di Dio

    Dal «Trattato contro le eresie» di sant'Ireneo, vescovo
    (Lib. IV, 20, 5-7)
    La gloria di Dio dà la vita; perciò coloro che vedono Dio ricevono la vita. E per questo colui che è inintelligibile, incomprensibile e invisibile, si rende visibile, comprensibile e intelligibile dagli uomini, per dare la vita a coloro che lo comprendono e vedono. E' impossibile vivere se non si è ricevuta la vita, ma la vita non si ha che con la partecipazione all'essere divino. Orbene tale partecipazione consiste nel vedere Dio e godere della sua bontà.
    Gli uomini dunque vedranno Dio per vivere, e verranno resi immortali e divini in forza della visione di Dio. Questo, come ho detto prima, era stato rivelato dai profeti in figura, che cioè Dio sarebbe stato visto dagli uomini che portano il suo Spirito e attendono sempre la sua venuta. Così Mosè afferma nel Deuteronomio: Oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l'uomo e l'uomo aver la vita (cfr. Dt 5, 24).
    Colui che opera tutto in tutti nella sua grandezza e potenza, è invisibile e indescrivibile a tutti gli essere da lui creati, non resta però sconosciuto; tutti infatti, per mezzo del suo Verbo, imparano che il Padre è unico Dio, che contiene tutte le cose e dà a tutte l'esistenza, come sta scritto nel vangelo: «Dio nessuno lo ha mai visto; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18).
    Fin dal principio dunque il Figlio è il rivelatore del Padre, perché fin dal principio è con il Padre e ha mostrato al genere umano nel tempo più opportuno le visioni profetiche, la diversità dei carismi, i ministeri e la glorificazione del Padre secondo un disegno tutto ordine e armonia. E dove c'è ordine c'è anche armonia, e dove c'è armonia c'è anche tempo giusto, e dove c'è tempo giusto c'è anche beneficio.
    Per questo il Verbo si è fatto dispensatore della grazia del Padre per l'utilità degli uomini, in favore dei quali ha ordinato tutta l'«economia» della salvezza, mostrando Dio agli uomini e presentando l'uomo a Dio. Ha salvaguardato però l'invisibilità del Padre, perché l'uomo non disprezzi Dio e abbia sempre qualcosa a cui tendere. Al tempo stesso ha reso visibile Dio agli uomini con molti interventi provvidenziali, perché l'uomo non venisse privato completamente di Dio, e cadesse così nel suo nulla, perché l'uomo vivente è gloria di Dio e vita dell'uomo è la visione di Dio. Se infatti la rivelazione di Dio attraverso il creato dà la vita a tutti gli esseri che si trovano sulla terra, molto più la rivelazione del Padre che avviene tramite il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio.

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  6. Ireneo nel 177 succedette nella sede episcopale di Lione al novantenne vescovo san Potino, morto in seguito alle percosse ricevute durante la persecuzione contro i cristiani. Pochi giorni prima delle sommosse anticristiane, Ireneo era stato inviato a Roma dal suo vescovo per chiarire alcune questioni dottrinali. Tornato a Lione, appena sedata la bufera, fu chiamato a succedere al vescovo martire, in una Chiesa decimata dei suoi preti e di gran parte dei suoi fedeli. Si trovò a governare come unico vescovo la Chiesa dell'intera Gallia. Lui, greco, imparò le lingue dei barbari per evangelizzare le popolazioni celtiche e germaniche. E dove non arrivò la sua voce giunse la parola scritta. Nei suoi cinque libri Adversus Haereses traspare non solo il grande apologista, ma anche il buon pastore preoccupato di qualche pecorella allo sbando che cerca di condurre all'ovile. In data 21 gennaio 2022 Papa Francesco lo ha dichiarato Dottore della Chiesa, con il titolo di Doctor unitatis". Ireneo è così il primo martire nella storia della Chiesa a ricevere il titolo di Dottore

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