Antifona «Io cercherò le mie pecore», dice il Signore, «e susciterò un pastore che le pascerà: io, il Signore, sarò il loro Dio». (Cf. Ez 34,11.23-24
Ecco il servo fedele e prudente, che il Signore ha messo a capo della sua famiglia, per nutrirla al tempo opportuno. (Cf. Lc 12,4) Custodisci nel tuo popolo, o Signore, lo spirito di cui hai ricolmato il vescovo san Carlo, perché la Chiesa si rinnovi incessantemente e, conformandosi all’immagine del tuo Figlio, manifesti al mondo il volto di Cristo Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te.
Prima Lettura Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fil 3,17-4,1
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.
Perché molti - ve l'ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto - si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 121 (122) R. Andremo con gioia alla casa del Signore. Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!». Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! R.
Gerusalemme è costruita come città unita e compatta. È là che salgono le tribù, le tribù del Signore. R.
Secondo la legge d'Israele, per lodare il nome del Signore. Là sono posti i troni del giudizio, i troni della casa di Davide. R.
Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. (1Gv 2,5)
Alleluia.
Vangelo I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Dal Vangelo secondo Luca Lc 16,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua". Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
A tale astuzia mondana noi siamo chiamati a rispondere con l’astuzia cristiana, che è un dono dello Spirito Santo. Si tratta di allontanarsi dallo spirito e dai valori del mondo, che tanto piacciono al demonio, per vivere secondo il Vangelo. E la mondanità, come si manifesta? La mondanità si manifesta con atteggiamenti di corruzione, di inganno, di sopraffazione, e costituisce la strada più sbagliata, la strada del peccato, perché una ti porta all’altra! È come una catena, anche se - è vero - è la strada più comoda da percorrere, generalmente. Invece lo spirito del Vangelo richiede uno stile di vita serio - serio ma gioioso, pieno di gioia! -, serio e impegnativo, improntato all’onestà, alla correttezza, al rispetto degli altri e della loro dignità, al senso del dovere. E questa è l’astuzia cristiana! (Angelus, 18 settembre 2016)
FAUSTI – Qui si rivela il centro del Vangelo : Dio come Padre di tenerezza e di misericordia, ben diverso da quello da cui Adamo era fuggito per paura. Egli trasale di gioia quando vede tornare a casa il figlio più lontano e invita tutti a gioire con Lui:”Bisogna far festa !”. il Banchetto del capitolo precedente è questa festa del Padre che vede ormai occupato l'ultimo posto a mensa. La Sua casa è piena, il Suo Cuore trabocca: nel ritorno dell'ultimo, ogni figlio perduto è ormai con Lui. “Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio”(14,15) Gesù fin dall'inizio ne mangia con i peccatori. Ora invita anche i giusti. Attaccato da loro con cattiveria, li contrattacca con la Sua bontà. Vuole portarli a conversione. Ma l'impresa è ben più difficile che con i peccatori. Questi, a causa della loro miseria, sentono la necessità della Sua misericordia. Quelli, invece, arroccati nella propria giustizia, sono autosufficienti.. Così,mentre condannano i fratelli ingiusti, ignorano e rifiutano il Padre, che ama gratuitamente e necessariamente tutti i Suoi figli. Il Suo Amore non è proporzionale ai meriti, ma alla miseria. L'Eucaristia, cibo e vita nuova per il cristiano, è Pane del perdono :mangiato da ogni peccatore pentito, è rifiutato solo da chi è soddisfatto di sé. La misericordia di Dio lo rimanda a mani vuote, perchè possa essere tra gli affamati che vengono saziati. Il capitolo quindicesimo è rivolto al giusto, perché non resti vuoto il suo posto alla mensa del Padre ; egli deve partecipare alla festa che il Padre fa per il Suo figlio perduto e ritrovato. Questa parabola parla della conversione , ma non del peccatore alla giustizia, ma del giusto alla misericordia. La Grazia che Dio ha usato verso di noi, Suoi nemici, deve rispecchiarsi nel nostro atteggiamento verso i nemici, e verso i fratelli peccatori. Il Padre non esclude nessun figlio dal Suo Cuore. Si esclude da Lui solo chi esclude un fratello. Ma Gesù, il figlio che conosce il Padre, si preoccupa di recuperare anche colui che, escludendo il fratello, si esclude dal Padre. Le tre scene della parabola presentano una certa simmetria con le tre chiamate al banchetto del capitolo precedente. Quello della pecora smarrita corrisponde alla seconda chiamata , rivolta alle pecore perdute d'Israele; quella della dracma corrisponde alla terza chiamata, rivolta ai pagani. Resta vuoto ancora solo il posto di chi fu chiamato per primo, l'Israele della legge. E' il fratello maggiore, figura di ogni credente al quale è indirizzata la parabola, in particolare l'ultima scena, perchè partecipi al banchetto di salvezza., alla danza e alla festa per il Figlio perduto e ritrovato, Morto e Risorto. In realtà la pecora non si è convertita, come la dracma non tornerà da sé nel borsellino. Sono semplicemente trovate, proprio perchè perdute, da Colui che per primo si è convertito a loro, nel Suo Amore. La conversione implica un riconoscimento della propria perdizione, e, più che un nostro ritorno a Dio, consiste nell'accogliere chi è venuto a cercarci. Convertirsi è volgere lo sguardo dal proprio io a Dio, e vedere, invece della propria nudità, l'occhio di Colui che da sempre ci guarda con Amore. Allora nasce la Vita Nuova, nella Lode e nella Gioia del Padre. Il nostro centro non è più il nostro io, ma Dio : passiamo dalla nostra giustizia, fallita o presunta, trascurata o ricercata -. comunque irraggiungibile – alla Sua compiacenza nel vedere che noi ci volgiamo a Lui, che da sempre si è rivolto a Noi!!!
Molti artisti, hanno raffigurato nei loro dipinti Carlo Borromeo mentre contempla un angelo che ripone nel fodero la spada insanguinata per indicare la cessazione della terribile peste del 1576. Tutto era iniziato nel mese di agosto di quell’anno. Milano era in festa per accogliere don Giovanni d’Austria, di passaggio sulla via delle Fiandre, di cui era stato nominato governatore. Le autorità cittadine erano in fermento per tributare al principe spagnolo i massimi onori, ma Carlo, da sei anni arcivescovo della diocesi, seguiva con preoccupazione le notizie che giungevano da Trento, da Verona, da Mantova, dove la pestilenza aveva iniziato a mietere vittime. La confusione e la paura regnavano a Milano, e l’arcivescovo si dedicò interamente all’assistenza dei malati, ordinando preghiere pubbliche e private. Dom Prosper Guéranger riassume così la sua inesauribile carità. «In mancanza di autorità locali, organizzò il servizio sanitario, fondò o rinnovò ospedali, cercò denaro e vettovaglie, decretò misure preventive. Soprattutto provvide ad assicurare il soccorso spirituale, l’assistenza ai malati, il seppellimento dei morti, l’amministrazione dei Sacramenti agli abitanti confinati nelle loro case, per misure prudenziali. Senza temere il contagio, pagò di persona, visitando ospedali, guidando le processioni di penitenza, facendosi tutto a tutti come un padre e come un vero pastore» (L’anno liturgico ) San Carlo era convinto che l’epidemia fosse «un flagello mandato dal cielo» come castigo dei peccati del popolo e che contro di essa fosse necessario ricorrere ai mezzi spirituali: preghiera e penitenza. Egli rimproverò le autorità civili per aver riposto la loro fiducia nei mezzi umani piuttosto che in quelli divini. «Non avevano essi proibito tutte le riunioni pie, tutte le processioni durante il tempo del Giubileo? Per lui, ne era convinto, erano queste le cause del castigo» I magistrati che governavano la città continuavano a opporsi alle cerimonie pubbliche, per timore che l’assembramento di persone potesse dilatare il contagio, ma Carlo, «che era guidato dallo Spirito , li convinse adducendo diversi esempi, tra cui quello di san Gregorio Magno che aveva fermato la peste che devastava Roma nel 590.
Antifona
RispondiElimina«Io cercherò le mie pecore», dice il Signore,
«e susciterò un pastore che le pascerà:
io, il Signore, sarò il loro Dio». (Cf. Ez 34,11.23-24
Ecco il servo fedele e prudente,
che il Signore ha messo a capo della sua famiglia,
per nutrirla al tempo opportuno. (Cf. Lc 12,4)
Custodisci nel tuo popolo, o Signore,
lo spirito di cui hai ricolmato il vescovo san Carlo,
perché la Chiesa si rinnovi incessantemente
e, conformandosi all’immagine del tuo Figlio,
manifesti al mondo il volto di Cristo Signore.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
Prima Lettura
Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fil 3,17-4,1
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.
Perché molti - ve l'ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto - si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 121 (122)
R. Andremo con gioia alla casa del Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme! R.
Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore. R.
Secondo la legge d'Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. (1Gv 2,5)
Alleluia.
Vangelo
I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare".
L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua".
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta".
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Parola del Signore.
PAROLE DEL SANTO PADRE
RispondiEliminaA tale astuzia mondana noi siamo chiamati a rispondere con l’astuzia cristiana, che è un dono dello Spirito Santo. Si tratta di allontanarsi dallo spirito e dai valori del mondo, che tanto piacciono al demonio, per vivere secondo il Vangelo. E la mondanità, come si manifesta? La mondanità si manifesta con atteggiamenti di corruzione, di inganno, di sopraffazione, e costituisce la strada più sbagliata, la strada del peccato, perché una ti porta all’altra! È come una catena, anche se - è vero - è la strada più comoda da percorrere, generalmente. Invece lo spirito del Vangelo richiede uno stile di vita serio - serio ma gioioso, pieno di gioia! -, serio e impegnativo, improntato all’onestà, alla correttezza, al rispetto degli altri e della loro dignità, al senso del dovere. E questa è l’astuzia cristiana! (Angelus, 18 settembre 2016)
FAUSTI – Qui si rivela il centro del Vangelo : Dio come Padre di tenerezza e di misericordia, ben diverso da quello da cui Adamo era fuggito per paura. Egli trasale di gioia quando vede tornare a casa il figlio più lontano e invita tutti a gioire con Lui:”Bisogna far festa !”. il Banchetto del capitolo precedente è questa festa del Padre che vede ormai occupato l'ultimo posto a mensa.
RispondiEliminaLa Sua casa è piena, il Suo Cuore trabocca: nel ritorno dell'ultimo, ogni figlio perduto è ormai con Lui.
“Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio”(14,15) Gesù fin dall'inizio ne mangia con i peccatori.
Ora invita anche i giusti.
Attaccato da loro con cattiveria, li contrattacca con la Sua bontà. Vuole portarli a conversione.
Ma l'impresa è ben più difficile che con i peccatori.
Questi, a causa della loro miseria, sentono la necessità della Sua misericordia.
Quelli, invece, arroccati nella propria giustizia, sono autosufficienti..
Così,mentre condannano i fratelli ingiusti, ignorano e rifiutano il Padre, che ama gratuitamente e necessariamente tutti i Suoi figli. Il Suo Amore non è proporzionale ai meriti, ma alla miseria.
L'Eucaristia, cibo e vita nuova per il cristiano, è Pane del perdono :mangiato da ogni peccatore pentito, è rifiutato solo da chi è soddisfatto di sé. La misericordia di Dio lo rimanda a mani vuote, perchè possa essere tra gli affamati che vengono saziati.
Il capitolo quindicesimo è rivolto al giusto, perché non resti vuoto il suo posto alla mensa del Padre ; egli deve partecipare alla festa che il Padre fa per il Suo figlio perduto e ritrovato.
Questa parabola parla della conversione , ma non del peccatore alla giustizia, ma del giusto alla misericordia.
La Grazia che Dio ha usato verso di noi, Suoi nemici, deve rispecchiarsi nel nostro atteggiamento verso i nemici, e verso i fratelli peccatori.
Il Padre non esclude nessun figlio dal Suo Cuore. Si esclude da Lui solo chi esclude un fratello.
Ma Gesù, il figlio che conosce il Padre, si preoccupa di recuperare anche colui che, escludendo il fratello, si esclude dal Padre.
Le tre scene della parabola presentano una certa simmetria con le tre chiamate al banchetto del capitolo precedente.
Quello della pecora smarrita corrisponde alla seconda chiamata , rivolta alle pecore perdute d'Israele; quella della dracma corrisponde alla terza chiamata, rivolta ai pagani.
Resta vuoto ancora solo il posto di chi fu chiamato per primo, l'Israele della legge.
E' il fratello maggiore, figura di ogni credente al quale è indirizzata la parabola, in particolare l'ultima scena, perchè partecipi al banchetto di salvezza., alla danza e alla festa per il Figlio perduto e ritrovato, Morto e Risorto.
In realtà la pecora non si è convertita, come la dracma non tornerà da sé nel borsellino.
Sono semplicemente trovate, proprio perchè perdute, da Colui che per primo si è convertito a loro, nel Suo Amore.
La conversione implica un riconoscimento della propria perdizione, e, più che un nostro ritorno a Dio, consiste nell'accogliere chi è venuto a cercarci.
Convertirsi è volgere lo sguardo dal proprio io a Dio, e vedere, invece della propria nudità, l'occhio di Colui che da sempre ci guarda con Amore.
Allora nasce la Vita Nuova, nella Lode e nella Gioia del Padre.
Il nostro centro non è più il nostro io, ma Dio : passiamo dalla nostra giustizia, fallita o presunta, trascurata o ricercata -. comunque irraggiungibile – alla Sua compiacenza nel vedere che noi ci volgiamo a Lui, che da sempre si è rivolto a Noi!!!
Molti artisti, hanno raffigurato nei loro dipinti Carlo Borromeo mentre contempla un angelo che ripone nel fodero la spada insanguinata per indicare la cessazione della terribile peste del 1576. Tutto era iniziato nel mese di agosto di quell’anno. Milano era in festa per accogliere don Giovanni d’Austria, di passaggio sulla via delle Fiandre, di cui era stato nominato governatore. Le autorità cittadine erano in fermento per tributare al principe spagnolo i massimi onori, ma Carlo, da sei anni arcivescovo della diocesi, seguiva con preoccupazione le notizie che giungevano da Trento, da Verona, da Mantova, dove la pestilenza aveva iniziato a mietere vittime. La confusione e la paura regnavano a Milano, e l’arcivescovo si dedicò interamente all’assistenza dei malati, ordinando preghiere pubbliche e private. Dom Prosper Guéranger riassume così la sua inesauribile carità. «In mancanza di autorità locali, organizzò il servizio sanitario, fondò o rinnovò ospedali, cercò denaro e vettovaglie, decretò misure preventive. Soprattutto provvide ad assicurare il soccorso spirituale, l’assistenza ai malati, il seppellimento dei morti, l’amministrazione dei Sacramenti agli abitanti confinati nelle loro case, per misure prudenziali. Senza temere il contagio, pagò di persona, visitando ospedali, guidando le processioni di penitenza, facendosi tutto a tutti come un padre e come un vero pastore» (L’anno liturgico )
RispondiEliminaSan Carlo era convinto che l’epidemia fosse «un flagello mandato dal cielo» come castigo dei peccati del popolo e che contro di essa fosse necessario ricorrere ai mezzi spirituali: preghiera e penitenza. Egli rimproverò le autorità civili per aver riposto la loro fiducia nei mezzi umani piuttosto che in quelli divini. «Non avevano essi proibito tutte le riunioni pie, tutte le processioni durante il tempo del Giubileo? Per lui, ne era convinto, erano queste le cause del castigo» I magistrati che governavano la città continuavano a opporsi alle cerimonie pubbliche, per timore che l’assembramento di persone potesse dilatare il contagio, ma Carlo, «che era guidato dallo Spirito , li convinse adducendo diversi esempi, tra cui quello di san Gregorio Magno che aveva fermato la peste che devastava Roma nel 590.