Antifona I tuoi sacerdoti, o Signore, si rivestano di giustizia ed esultino i tuoi santi. (Cf. Sal 131,9)
Colletta Dio onnipotente e misericordioso, che hai fatto di san Giovanni Maria [Vianney] un pastore mirabile per lo zelo apostolico, per la sua intercessione e il suo esempio fa’ che con la nostra carità guadagniamo a Cristo i fratelli e godiamo, insieme con loro, la gloria senza fine. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo. Dal libro dei Numeri Nm 11,4b-15
In quei giorni, gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il seme di coriandolo e aveva l'aspetto della resina odorosa. Il popolo andava attorno a raccoglierla, poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta con l'olio. Quando di notte cadeva la rugiada sull'accampamento, cadeva anche la manna. Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie, ognuno all'ingresso della propria tenda; l'ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mosè. Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? L'ho forse concepito io tutto questo popolo? O l'ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: "Portalo in grembo", come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me, dicendo: "Dacci da mangiare carne!". Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 80 (81)
R. Esultate in Dio, nostra forza.
Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti! R.
Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suoi nemici e contro i suoi avversari volgerei la mia mano. R.
Quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi e la loro sorte sarebbe segnata per sempre. Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia. R.
Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia.
Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. (Mt 4,4b)
Alleluia.
Vangelo Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Le Parole dei Papi Abbiamo ascoltato il racconto evangelico: con cinque pani d’orzo e con due pesci […] Gesù sfama circa cinquemila uomini. […] L’uomo, specialmente quello contemporaneo, ha tanta fame: fame di verità, fame di giustizia, di amore, di pace, di bellezza; ma, soprattutto, fame di Dio. “Noi dobbiamo essere affamati di Dio!” esclama Sant’Agostino (“famelici Dei esse debemus” S. Agostino, Enarrat. in Ps. 146, 17: PL 37,1895ss.). È lui, il Padre celeste, che ci dona il vero pane! Questo pane, di cui abbiamo bisogno, è anzitutto il Cristo, il quale si dona a noi nei segni sacramentali dell’Eucaristia, e ci fa sentire, in ogni Messa, le parole dell’ultima Cena. […] Il pane di cui abbiamo bisogno è, inoltre, la parola di Dio, perché “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Mt 4,4; cf. Dt 8,3). Indubbiamente, anche gli uomini possono esprimere e pronunciare parole di alto valore. Ma la storia ci mostra come le parole degli uomini siano talvolta insufficienti, ambigue, deludenti, tendenziose; mentre la Parola di Dio è piena di verità (cf. 2Sam 7,28;1Cor 15,26); è retta (Sal 33,4); è retta, è stabile e rimane in eterno (cf. Sal 119,89;1Pt 1,25). (San Giovanni Paolo II – Omelia a Castel Gandolfo, 29 luglio 1979)
Ci ama tanto Gesù, e vuole essere vicino a noi. Gesù si prende cura di quanti lo seguono. Il Signore va incontro alle necessità degli uomini, ma vuole rendere ognuno di noi concretamente partecipe della sua compassione. Ora soffermiamoci sul gesto di benedizione di Gesù: Egli «prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede». Come si vede, sono gli stessi segni che Gesù ha compiuto nell’Ultima Cena; e sono anche gli stessi che ogni sacerdote compie quando celebra la Santa Eucaristia. La comunità cristiana nasce e rinasce continuamente da questa comunione eucaristica. Vivere la comunione con Cristo è perciò tutt’altro che rimanere passivi ed estraniarsi dalla vita quotidiana, al contrario, sempre più ci inserisce nella relazione con gli uomini e le donne del nostro tempo, per offrire loro il segno concreto della misericordia e dell’attenzione di Cristo. Gesù vuole raggiungere tutti, per portare a tutti l’amore di Dio. (P. Francesco Udienza generale, 17 agosto 2016)
FAUSTI - Ciò che è accaduto al Battista è premonizione del Suo ultimo ritiro in solitudine, nel deserto della morte, dove darà il Suo pane. Il palazzo è apparentemente luogo di vita, come il deserto è apparentemente invivibile. Ma proprio qui Dio porta il Suo popolo fuori dalla schiavitù. Chi non esce dal palazzo nel deserto, non incontra il dono di Dio. Il ritiro di Gesù, e di quelli con lui nella barca, non è una fuga, ma l'inizio del nuovo esodo. Il popolo esce dalla città di Caino per fondare una nuova convivenza. E' l'esodo definitivo. Dove approda la barca di Gesù e dei Suoi, anche le folle dei poveri arrivano a piedi, anzi, li precedono. Ognuno ha bisogno di questo pane. Principio dell'azione di Gesù è la Sua compassione. Ogni azione che non nasce da essa, partecipa al banchetto di Erode. Compassione è la qualità fondamentale di Dio Amore, che è Padre in quanto materno. Gesù ha cura degli infermi, di coloro che non stanno in piedi. La debolezza, che noi sfruttiamo per asservire, è per Lui oggetto di servizio. La medicina con cui cura sarà il Suo pane, rimedio di vita eterna. “Date loro voi stessi da mangiare” è l'imperativo del Signore ai Suoi discepoli. Lui stesso è il Corpo dato per noi, cibo che riceviamo e offriamo a tutti. La sera è la fine del giorno, tempo disponibile all'uomo. Inizia la notte, e le tenebre si mangiano la creazione scaturita dalla luce. Rimanda alla sera in cui Gesù ci diede il Suo pane, per consegnare poi il Suo Corpo al cuore della terra. Il Suo ultimo giorno sarà tutto oscurità dall'inizio alla fine , anche il sole meridiano si offuscherà nel suo splendore. Sarà la notte in cui Lui, luce del mondo, entrerà in tutte le nostre notti per illuminarle. Ora, come anticipo, la notte del deserto profumerà di fragranza del pane. I discepoli notano il deserto intorno e la notte che incombe. La loro proposta è uscire dal deserto, tornare al villaggio da cui erano partiti e comperare qualcosa. Ma il Suo pane è proprio nel deserto e nella notte, e non è da comperare. Per Gesù la soluzione non è da cercare fuori, in un ritorno a ciò da cui si è usciti, ma è a portata di mano, qui e ora, ed è gratis! Bisogna solo affrontare la situazione in modo diverso. Il pane che sazia, nel deserto e nella notte, non è quello che si compera, ma viene dato agli amici nel sonno. Nel sonno Suo e nostro. “Non abbiamo qui se non cinque pani e due pesci” E' quanto basta a malapena per loro e per il momento. La comunità ritiene sempre poco quello che c'è. Non si accorge che cinque più due fa sette, numero perfetto, divino. E' sazietà piena per tutti se è vissuto come dono,è fame se trattenuto per sé.
---->La nostra insufficienza va portata a Gesù, riposta nelle Sue mani. Ciò che ho e sono, poco o tanto che sia, è sempre sovrabbondante se ricevuto, spezzato e dato da mani di figlio. Le folle si sdraiano sull'erba: è l'inizio della festa, il deserto si rallegra e la terra rida esulta e fiorisce : il Signore viene a salvarci. Non è più la fuga dalla schiavitù , ma l'ingresso nella libertà. Gesù presi i cinque pani, alzati gli occhi al cielo, li benedisse , li spezzò e li diede ai discepoli e questi alle folle. Gesù è il Figlio , riceve dal Padre tutto ciò che ha ed è, prende in dono e per donare. La mano chiusa per possedere e divorare , prende per la morte; la mano aperta riceve in dono per donare, ne fa comunione di vita col Padre e i fratelli. Prendere benedicendo è nascere, venire alla luce come figli, vedendo sé e tutto ciò che c'è come segno dell'amore del Padre. Il Figlio ama con lo stesso amore con cui è amato ; tutto sa dare come tutto riceve. La forza per dare gli viene dal Suo levare gli occhi al cielo, dal Suo essere tutto verso il Padre come il Padre è tutto verso di Lui Il dono fa circolare di mano in mano il pane, riprende il flusso della vita, che la rapina aveva interrotto. Questa è la Mensa che prepara il Signore, il mio Pastore, dove i poveri mangiano e sono sazi. Solo questo pane condiviso è benedizione e sazietà... ne avanzano dodici ceste, una per ogni tribù, una per ogni mese. Ne rimane per tutti e per sempre! E' quanto sperimenta la Chiesa, allora e ancora adesso.
Benedetto XVI: Lettera ai Sacerdoti - San Giovanni Maria Vianney non risparmiava se stesso per salvare le anime della sua parrocchia e di chi chiedeva il suo aiuto. Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormentata Rivoluzione francese aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono.
In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”. “La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo. Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”. “Questo buon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto”.
Dal «Catechismo» di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote Fate bene attenzione, miei figliuoli: il tesoro del cristiano non è sulla terra, ma in cielo. Il nostro pensiero perciò deve volgersi dov'è il nostro tesoro. Questo è il bel compito dell'uomo: pregare ed amare. Se voi pregate ed amate, ecco, questa è la felicità dell'uomo sulla terra. La preghiera nient'altro è che l'unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, è preso da una certa soavità e dolcezza che inebria, è purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa unione intima, Dio e l'anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno può più separare. Come è bella questa unione di Dio con la sua piccola creatura! E' una felicità questa che non si può comprendere. Noi eravamo diventati indegni di pregare. Dio però, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui. La nostra preghiera è incenso a lui quanto mai gradito. Figliuoli miei, il vostro cuore è piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio. La preghiera ci fa pregustare il cielo, come qualcosa che discende a noi dal paradiso. Non ci lascia mai senza dolcezza. Infatti è miele che stilla nell'anima e fa che tutto sia dolce. Nella preghiera ben fatta i dolori si sciolgono come neve al sole. Anche questo ci dà la preghiera: che il tempo scorra con tanta velocità e tanta felicità dell'uomo che non si avverte più la sua lunghezza. Ascoltate: quando ero parroco di Bresse, dovendo per un certo tempo sostituire i miei confratelli, quasi tutti malati, mi trovavo spesso a percorrere lunghi tratti di strada; allora pregavo il buon Dio, e il tempo, siatene certi, non mi pareva mai lungo. Ci sono alcune persone che si sprofondano completamente nella preghiera come un pesce nell'onda, perché sono tutte dedite al buon Dio. Non c'è divisione alcuna nel loro cuore. O quanto amo queste anime generose! San Francesco d'Assisi e santa Coletta vedevano nostro Signore e parlavano con lui a quel modo che noi ci parliamo gli uni agli altri.
Antifona
RispondiEliminaI tuoi sacerdoti, o Signore, si rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi santi. (Cf. Sal 131,9)
Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
che hai fatto di san Giovanni Maria [Vianney]
un pastore mirabile per lo zelo apostolico,
per la sua intercessione e il suo esempio
fa’ che con la nostra carità guadagniamo a Cristo i fratelli
e godiamo, insieme con loro, la gloria senza fine.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo.
Dal libro dei Numeri
Nm 11,4b-15
In quei giorni, gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna».
La manna era come il seme di coriandolo e aveva l'aspetto della resina odorosa. Il popolo andava attorno a raccoglierla, poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta con l'olio. Quando di notte cadeva la rugiada sull'accampamento, cadeva anche la manna.
Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie, ognuno all'ingresso della propria tenda; l'ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mosè.
Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? L'ho forse concepito io tutto questo popolo? O l'ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: "Portalo in grembo", come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me, dicendo: "Dacci da mangiare carne!". Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 80 (81)
R. Esultate in Dio, nostra forza.
Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito:
l'ho abbandonato alla durezza del suo cuore.
Seguano pure i loro progetti! R.
Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano. R.
Quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre.
Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. (Mt 4,4b)
Alleluia.
Vangelo
Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Parola del Signore.
Le Parole dei Papi
RispondiEliminaAbbiamo ascoltato il racconto evangelico: con cinque pani d’orzo e con due pesci […] Gesù sfama circa cinquemila uomini. […] L’uomo, specialmente quello contemporaneo, ha tanta fame: fame di verità, fame di giustizia, di amore, di pace, di bellezza; ma, soprattutto, fame di Dio. “Noi dobbiamo essere affamati di Dio!” esclama Sant’Agostino (“famelici Dei esse debemus” S. Agostino, Enarrat. in Ps. 146, 17: PL 37,1895ss.). È lui, il Padre celeste, che ci dona il vero pane! Questo pane, di cui abbiamo bisogno, è anzitutto il Cristo, il quale si dona a noi nei segni sacramentali dell’Eucaristia, e ci fa sentire, in ogni Messa, le parole dell’ultima Cena. […] Il pane di cui abbiamo bisogno è, inoltre, la parola di Dio, perché “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Mt 4,4; cf. Dt 8,3). Indubbiamente, anche gli uomini possono esprimere e pronunciare parole di alto valore. Ma la storia ci mostra come le parole degli uomini siano talvolta insufficienti, ambigue, deludenti, tendenziose; mentre la Parola di Dio è piena di verità (cf. 2Sam 7,28;1Cor 15,26); è retta (Sal 33,4); è retta, è stabile e rimane in eterno (cf. Sal 119,89;1Pt 1,25). (San Giovanni Paolo II – Omelia a Castel Gandolfo, 29 luglio 1979)
Ci ama tanto Gesù, e vuole essere vicino a noi. Gesù si prende cura di quanti lo seguono. Il Signore va incontro alle necessità degli uomini, ma vuole rendere ognuno di noi concretamente partecipe della sua compassione. Ora soffermiamoci sul gesto di benedizione di Gesù: Egli «prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede». Come si vede, sono gli stessi segni che Gesù ha compiuto nell’Ultima Cena; e sono anche gli stessi che ogni sacerdote compie quando celebra la Santa Eucaristia. La comunità cristiana nasce e rinasce continuamente da questa comunione eucaristica. Vivere la comunione con Cristo è perciò tutt’altro che rimanere passivi ed estraniarsi dalla vita quotidiana, al contrario, sempre più ci inserisce nella relazione con gli uomini e le donne del nostro tempo, per offrire loro il segno concreto della misericordia e dell’attenzione di Cristo. Gesù vuole raggiungere tutti, per portare a tutti l’amore di Dio. (P. Francesco Udienza generale, 17 agosto 2016)
EliminaFAUSTI - Ciò che è accaduto al Battista è premonizione del Suo ultimo ritiro in solitudine, nel deserto della morte, dove darà il Suo pane.
RispondiEliminaIl palazzo è apparentemente luogo di vita, come il deserto è apparentemente invivibile. Ma proprio qui Dio porta il Suo popolo fuori dalla schiavitù. Chi non esce dal palazzo nel deserto, non incontra il dono di Dio.
Il ritiro di Gesù, e di quelli con lui nella barca, non è una fuga, ma l'inizio del nuovo esodo. Il popolo esce dalla città di Caino per fondare una nuova convivenza.
E' l'esodo definitivo.
Dove approda la barca di Gesù e dei Suoi, anche le folle dei poveri arrivano a piedi, anzi, li precedono. Ognuno ha bisogno di questo pane.
Principio dell'azione di Gesù è la Sua compassione.
Ogni azione che non nasce da essa, partecipa al banchetto di Erode.
Compassione è la qualità fondamentale di Dio Amore, che è Padre in quanto materno.
Gesù ha cura degli infermi, di coloro che non stanno in piedi. La debolezza, che noi sfruttiamo per asservire, è per Lui oggetto di servizio.
La medicina con cui cura sarà il Suo pane, rimedio di vita eterna.
“Date loro voi stessi da mangiare” è l'imperativo del Signore ai Suoi discepoli.
Lui stesso è il Corpo dato per noi, cibo che riceviamo e offriamo a tutti.
La sera è la fine del giorno, tempo disponibile all'uomo.
Inizia la notte, e le tenebre si mangiano la creazione scaturita dalla luce.
Rimanda alla sera in cui Gesù ci diede il Suo pane, per consegnare poi il Suo Corpo al cuore della terra. Il Suo ultimo giorno sarà tutto oscurità dall'inizio alla fine , anche il sole meridiano si offuscherà nel suo splendore.
Sarà la notte in cui Lui, luce del mondo, entrerà in tutte le nostre notti per illuminarle.
Ora, come anticipo, la notte del deserto profumerà di fragranza del pane.
I discepoli notano il deserto intorno e la notte che incombe. La loro proposta è uscire dal deserto, tornare al villaggio da cui erano partiti e comperare qualcosa.
Ma il Suo pane è proprio nel deserto e nella notte, e non è da comperare.
Per Gesù la soluzione non è da cercare fuori, in un ritorno a ciò da cui si è usciti, ma è a portata di mano, qui e ora, ed è gratis! Bisogna solo affrontare la situazione in modo diverso.
Il pane che sazia, nel deserto e nella notte, non è quello che si compera, ma viene dato agli amici nel sonno. Nel sonno Suo e nostro.
“Non abbiamo qui se non cinque pani e due pesci”
E' quanto basta a malapena per loro e per il momento. La comunità ritiene sempre poco quello che c'è.
Non si accorge che cinque più due fa sette, numero perfetto, divino.
E' sazietà piena per tutti se è vissuto come dono,è fame se trattenuto per sé.
---->La nostra insufficienza va portata a Gesù, riposta nelle Sue mani. Ciò che ho e sono, poco o tanto che sia, è sempre sovrabbondante se ricevuto, spezzato e dato da mani di figlio.
EliminaLe folle si sdraiano sull'erba: è l'inizio della festa, il deserto si rallegra e la terra rida esulta e fiorisce : il Signore viene a salvarci.
Non è più la fuga dalla schiavitù , ma l'ingresso nella libertà.
Gesù presi i cinque pani, alzati gli occhi al cielo, li benedisse , li spezzò e li diede ai discepoli e questi alle folle.
Gesù è il Figlio , riceve dal Padre tutto ciò che ha ed è, prende in dono e per donare.
La mano chiusa per possedere e divorare , prende per la morte; la mano aperta riceve in dono per donare, ne fa comunione di vita col Padre e i fratelli.
Prendere benedicendo è nascere, venire alla luce come figli, vedendo sé e tutto ciò che c'è come segno dell'amore del Padre.
Il Figlio ama con lo stesso amore con cui è amato ; tutto sa dare come tutto riceve.
La forza per dare gli viene dal Suo levare gli occhi al cielo, dal Suo essere tutto verso il Padre come il Padre è tutto verso di Lui
Il dono fa circolare di mano in mano il pane, riprende il flusso della vita, che la rapina aveva interrotto. Questa è la Mensa che prepara il Signore, il mio Pastore, dove i poveri mangiano e sono sazi. Solo questo pane condiviso è benedizione e sazietà...
ne avanzano dodici ceste, una per ogni tribù, una per ogni mese.
Ne rimane per tutti e per sempre! E' quanto sperimenta la Chiesa, allora e ancora adesso.
Benedetto XVI: Lettera ai Sacerdoti - San Giovanni Maria Vianney non risparmiava se stesso per salvare le anime della sua parrocchia e di chi chiedeva il suo aiuto. Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormentata Rivoluzione francese aveva soffocato a lungo la pratica religiosa.
RispondiEliminaMa egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica.
Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono.
In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”. “La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo. Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”. “Questo buon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto”.
Dal «Catechismo» di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote
Fate bene attenzione, miei figliuoli: il tesoro del cristiano non è sulla terra, ma in cielo. Il nostro pensiero perciò deve volgersi dov'è il nostro tesoro. Questo è il bel compito dell'uomo: pregare ed amare. Se voi pregate ed amate, ecco, questa è la felicità dell'uomo sulla terra.
La preghiera nient'altro è che l'unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, è preso da una certa soavità e dolcezza che inebria, è purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa unione intima, Dio e l'anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno può più separare.
Come è bella questa unione di Dio con la sua piccola creatura! E' una felicità questa che non si può comprendere. Noi eravamo diventati indegni di pregare. Dio però, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui. La nostra preghiera è incenso a lui quanto mai gradito.
Figliuoli miei, il vostro cuore è piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio. La preghiera ci fa pregustare il cielo, come qualcosa che discende a noi dal paradiso. Non ci lascia mai senza dolcezza. Infatti è miele che stilla nell'anima e fa che tutto sia dolce.
Nella preghiera ben fatta i dolori si sciolgono come neve al sole. Anche questo ci dà la preghiera: che il tempo scorra con tanta velocità e tanta felicità dell'uomo che non si avverte più la sua lunghezza. Ascoltate: quando ero parroco di Bresse, dovendo per un certo tempo sostituire i miei confratelli, quasi tutti malati, mi trovavo spesso a percorrere lunghi tratti di strada; allora pregavo il buon Dio, e il tempo, siatene certi, non mi pareva mai lungo.
Ci sono alcune persone che si sprofondano completamente nella preghiera come un pesce nell'onda, perché sono tutte dedite al buon Dio. Non c'è divisione alcuna nel loro cuore. O quanto amo queste anime generose! San Francesco d'Assisi e santa Coletta vedevano nostro Signore e parlavano con lui a quel modo che noi ci parliamo gli uni agli altri.