Nasce nel 316 0 317 a Sabaria, nella provincia romana di Pannonia (oggi Ungheria). Suo padre, che era un importante ufficiale dell’esercito Romano, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Da più grande con la famiglia si spostò a Pavia, perché al padre, veterano dell’esercito, è stato donato un terreno in quella città. I genitori sono pagani, ma il ragazzino è incuriosito dal cristianesimo e già a 12 anni vorrebbe farsi asceta e ritirarsi nel deserto. Ma quindicenne, in quanto figlio di un ufficiale, dovette entrare per legge anch’egli nell’esercito e venne mandato in Gallia. Come membro della guardia imperiale, il giovane soldato è comandato spesso per le ronde notturne. Ed è in una di queste, siamo d’inverno, che si imbatte a cavallo in un mendicante seminudo. Martino ne ha compassione, si sfila il mantello, lo taglia in due e ne regala una metà al povero. La notte seguente gli appare in sogno Gesù con indosso la parte di mantello che dice agli angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato: egli mi ha vestito”. Il sogno impressiona molto il giovane soldato, che alla festa di Pasqua viene battezzato. Per una ventina d’anni continua a servire nell’esercito di Roma, testimone della fede in un ambiente tanto lontano dai suoi sogni di adolescente. Appena possibile, si congeda dall’esercito e va a incontrare a Poitiers il vescovo Ilario, fermo avversario dell’eresia ariana. Questa posizione costa l’esilio a Ilario. Rientrato il vescovo dall’esilio, Martino torna a trovarlo e ottiene l’autorizzazione a fondare un monastero nei pressi di Tours. Capanne e vita austera, l’ex soldato che aveva rivestito Cristo povero diventa povero lui stesso come aveva desiderato. Qui fiorisce la sua eccezionale vita spirituale, nell’umile capanna in mezzo al bosco, che funge da cella e dove, respingendo le apparizioni diaboliche, conversa familiarmente con i santi e con gli angeli. Prega e annuncia la fede, girando per la Francia dove in molti imparano a conoscerlo. La popolarità si trasforma in una nomina a vescovo di Tours nel 371. Martino accetta ma col suo stile. Rifiuta di vivere da principe perché la gente in miseria, i detenuti, i malati continuino a trovare casa sotto il suo mantello Vive a ridosso delle mura cittadine, nel monastero di Marmoutier, il più antico della Francia. Se da un lato rifiuta il lusso e l’apparato di un dignitario della Chiesa, dall’altra Martino non trascura le funzioni episcopali. Si occupa dei prigionieri, dei condannati a morte; dei malati e dei morti, che guarisce e resuscita. Al suo intervento anche i fenomeni naturali gli obbediscono. Per san Martino, amico stretto dei poveri, la povertà non è un’ideologia, ma una realtà da vivere nel soccorso e nel voto. Marmoutier, al termine del suo episcopato, conta 80 monaci, quasi tutti provenienti dall’aristocrazia senatoria, che si erano piegati all’umiltà e alla mortificazione. San Martino muore l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace fra il clero locale. Ai suoi funerali assistettero migliaia di monaci e monache. Martino è uno fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa e divenne il santo francese per eccellenza
Farò sorgere al mio servizio un sacerdote fedele, che agirà secondo i desideri del mio cuore. (Cf. 1Sam 2,35)
Colletta
O Dio, che hai fatto risplendere la tua gloria nella vita e nella morte del santo vescovo Martino, rinnova nei nostri cuori le meraviglie della tua grazia, perché né morte né vita ci possano separare dal tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo. Prima Lettura Stabilisci alcuni presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito Tt 1,1-9
Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore. Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 23 (24)
R. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito. R.
Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli. R.
Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. (Fil 2,15d.16a)
Alleluia.
Vangelo Se sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai.
Dal Vangelo secondo Luca Lc 17,1-6
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
FAUSTI - Gesù esprime dolore per chi scandalizza. Il male ricadrà tutto sulla Sua croce, doloroso e scandaloso “ahimè “ di Dio per il male dell'uomo. E' una messa in guardia , che mostra la perniciosità dello scandalo, difficilmente avvertita da chi lo dà. Riguarda infatti il male dell'altro, al quale siamo meno sensibili che al nostro. In realtà se fare del bene al fratello ci dà la vita, perché ci rende simili a Dio, fargli del male è vero suicidio, perché ci rende dissimili da Lui. La nostra vita infatti è essere come Lui. Gesù ci dà un esempio di correzione fraterna nei confronti di chi scandalizza : dice che Dio lo accetta come è, senza condizioni, e contemporaneamente ne denuncia il male. La libertà non deve ledere la coscienza altrui ; sia sempre guidata dalla carità. Senza misericordia la libertà può diventare scandalo e la verità semplice condanna. Il cristiano non è mai perfetto e la salvezza è un esercizio costante di misericordia in una situazione in cui perdura la miseria. La vera comunità cristiana non è dove non si pecca, ma dove si perdona. Gli Apostoli sono i discepoli che , avendo imparato dal maestro, ricevono il Suo stesso incarico : sono inviati a portare la Misericordia del Signore oltre la cerchia della comunità, fino agli estremi confini della terra. Gli Apostoli si sentono inadeguati al loro compito, perché di poca fede. La fede è l'esperienza personale della Misericordia del Padre, origine della missione ai fratelli. Va chiesta come il pane quotidiano e il perdono. Dopo la preghiera :”Insegnaci a pregare” (11,1), questa è la preghiera tipica del credente , soprattutto dell'Apostolo: ”Aggiungici fede!”. Con essa si ottiene tutto. Tutto infatti è possibile per chi crede , perché nulla è impossibile a Dio (1,37). Il Signore spiega che la fede è come un seme piccolo, ma con forza vitale e tale da spostare un albero nel mare. Per essa S. Paolo dice : “Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13) perché la mia impotenza si riempie della potenza stessa di Dio. Credere è smettere di confidare in sé e lasciare che sia Lui ad agire. Per questo “quando sono debole, è allora che son forte” (S. Paolo 2 Cor.12,10). Si passa ora dalla fede personale dell'Apostolo al suo lavoro apostolico di annuncio agli altri. Egli è paragonato al servo, o meglio, allo schiavo, perché non appartiene a sé. Questa sua schiavitù è la realizzazione più alta della libertà di amare : lo rende simile al suo Signore, tutto del Padre e dei fratelli. Come lo schiavo appartiene al suo padrone che lo schiavizza, così l'Apostolo al suo Signore che gli dà la libertà di essere come Lui, suo collaboratore, associato al suo ministero. Questa schiavitù per amore è la liberazione totale dall'egoismo : “Voi , infatti, fratelli, siete chiamati a libertà” e questa non consiste nel vivere secondo l'egoismo, ma nell'essere, mediante la carità, schiavi gli uni degli altri.
Nasce nel 316 0 317 a Sabaria, nella provincia romana di Pannonia (oggi Ungheria). Suo padre, che era un importante ufficiale dell’esercito Romano, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Da più grande con la famiglia si spostò a Pavia, perché al padre, veterano dell’esercito, è stato donato un terreno in quella città.
RispondiEliminaI genitori sono pagani, ma il ragazzino è incuriosito dal cristianesimo e già a 12 anni vorrebbe farsi asceta e ritirarsi nel deserto. Ma quindicenne, in quanto figlio di un ufficiale, dovette entrare per legge anch’egli nell’esercito e venne mandato in Gallia.
Come membro della guardia imperiale, il giovane soldato è comandato spesso per le ronde notturne. Ed è in una di queste, siamo d’inverno, che si imbatte a cavallo in un mendicante seminudo.
Martino ne ha compassione, si sfila il mantello, lo taglia in due e ne regala una metà al povero.
La notte seguente gli appare in sogno Gesù con indosso la parte di mantello che dice agli angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato: egli mi ha vestito”.
Il sogno impressiona molto il giovane soldato, che alla festa di Pasqua viene battezzato.
Per una ventina d’anni continua a servire nell’esercito di Roma, testimone della fede in un ambiente tanto lontano dai suoi sogni di adolescente.
Appena possibile, si congeda dall’esercito e va a incontrare a Poitiers il vescovo Ilario, fermo avversario dell’eresia ariana. Questa posizione costa l’esilio a Ilario.
Rientrato il vescovo dall’esilio, Martino torna a trovarlo e ottiene l’autorizzazione a fondare un monastero nei pressi di Tours.
Capanne e vita austera, l’ex soldato che aveva rivestito Cristo povero diventa povero lui stesso come aveva desiderato.
Qui fiorisce la sua eccezionale vita spirituale, nell’umile capanna in mezzo al bosco, che funge da cella e dove, respingendo le apparizioni diaboliche, conversa familiarmente con i santi e con gli angeli.
Prega e annuncia la fede, girando per la Francia dove in molti imparano a conoscerlo.
La popolarità si trasforma in una nomina a vescovo di Tours nel 371. Martino accetta ma col suo stile. Rifiuta di vivere da principe perché la gente in miseria, i detenuti, i malati continuino a trovare casa sotto il suo mantello
Vive a ridosso delle mura cittadine, nel monastero di Marmoutier, il più antico della Francia.
Se da un lato rifiuta il lusso e l’apparato di un dignitario della Chiesa, dall’altra Martino non trascura le funzioni episcopali. Si occupa dei prigionieri, dei condannati a morte; dei malati e dei morti, che guarisce e resuscita.
Al suo intervento anche i fenomeni naturali gli obbediscono. Per san Martino, amico stretto dei poveri, la povertà non è un’ideologia, ma una realtà da vivere nel soccorso e nel voto.
Marmoutier, al termine del suo episcopato, conta 80 monaci, quasi tutti provenienti dall’aristocrazia senatoria, che si erano piegati all’umiltà e alla mortificazione.
San Martino muore l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace fra il clero locale. Ai suoi funerali assistettero migliaia di monaci e monache.
Martino è uno fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa e divenne il santo francese per eccellenza
RispondiEliminaAntifona
Farò sorgere al mio servizio un sacerdote fedele,
che agirà secondo i desideri del mio cuore. (Cf. 1Sam 2,35)
Colletta
O Dio, che hai fatto risplendere la tua gloria
nella vita e nella morte del santo vescovo Martino,
rinnova nei nostri cuori le meraviglie della tua grazia,
perché né morte né vita ci possano separare dal tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Stabilisci alcuni presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito
Tt 1,1-9
Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.
Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati.
Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 23 (24)
R. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. R.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli. R.
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Risplendete come astri nel mondo,
tenendo salda la parola di vita. (Fil 2,15d.16a)
Alleluia.
Vangelo
Se sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 17,1-6
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
Parola del Signore.
FAUSTI - Gesù esprime dolore per chi scandalizza. Il male ricadrà tutto sulla Sua croce, doloroso e scandaloso “ahimè “ di Dio per il male dell'uomo.
RispondiEliminaE' una messa in guardia , che mostra la perniciosità dello scandalo, difficilmente avvertita da chi lo dà.
Riguarda infatti il male dell'altro, al quale siamo meno sensibili che al nostro. In realtà se fare del bene al fratello ci dà la vita, perché ci rende simili a Dio, fargli del male è vero suicidio, perché ci rende dissimili da Lui.
La nostra vita infatti è essere come Lui. Gesù ci dà un esempio di correzione fraterna nei confronti di chi scandalizza : dice che Dio lo accetta come è, senza condizioni, e contemporaneamente ne denuncia il male.
La libertà non deve ledere la coscienza altrui ; sia sempre guidata dalla carità. Senza misericordia la libertà può diventare scandalo e la verità semplice condanna.
Il cristiano non è mai perfetto e la salvezza è un esercizio costante di misericordia in una situazione in cui perdura la miseria.
La vera comunità cristiana non è dove non si pecca, ma dove si perdona.
Gli Apostoli sono i discepoli che , avendo imparato dal maestro, ricevono il Suo stesso incarico : sono inviati a portare la Misericordia del Signore oltre la cerchia della comunità, fino agli estremi confini della terra.
Gli Apostoli si sentono inadeguati al loro compito, perché di poca fede.
La fede è l'esperienza personale della Misericordia del Padre, origine della missione ai fratelli.
Va chiesta come il pane quotidiano e il perdono. Dopo la preghiera :”Insegnaci a pregare” (11,1),
questa è la preghiera tipica del credente , soprattutto dell'Apostolo: ”Aggiungici fede!”.
Con essa si ottiene tutto. Tutto infatti è possibile per chi crede , perché nulla è impossibile a Dio (1,37).
Il Signore spiega che la fede è come un seme piccolo, ma con forza vitale e tale da spostare un albero nel mare.
Per essa S. Paolo dice : “Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13) perché la mia impotenza si riempie della potenza stessa di Dio.
Credere è smettere di confidare in sé e lasciare che sia Lui ad agire.
Per questo “quando sono debole, è allora che son forte” (S. Paolo 2 Cor.12,10).
Si passa ora dalla fede personale dell'Apostolo al suo lavoro apostolico di annuncio agli altri.
Egli è paragonato al servo, o meglio, allo schiavo, perché non appartiene a sé.
Questa sua schiavitù è la realizzazione più alta della libertà di amare : lo rende simile al suo Signore, tutto del Padre e dei fratelli.
Come lo schiavo appartiene al suo padrone che lo schiavizza, così l'Apostolo al suo Signore che gli dà la libertà di essere come Lui, suo collaboratore, associato al suo ministero.
Questa schiavitù per amore è la liberazione totale dall'egoismo :
“Voi , infatti, fratelli, siete chiamati a libertà” e questa non consiste nel vivere secondo l'egoismo, ma nell'essere, mediante la carità, schiavi gli uni degli altri.