San Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa, della Compagnia di Gesù, che seppe brillantemente disputare nelle controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume. Nominato cardinale, si dedicò con premura al ministero pastorale nella Chiesa di Capua e, infine, a Roma si adoperò molto in difesa della Sede Apostolica e della dottrina della fede. SANTO PROTETTORE DEI CATECHISTI, prega per noi!
Antifona In mezzo alla Chiesa gli ha aperto la bocca, il Signore lo ha colmato dello spirito di sapienza e d’intelligenza; gli ha fatto indossare una veste di gloria. (Cf. Sir 15,5)
Oppure:
La bocca del giusto medita sapienza e la sua lingua esprime verità; la legge del suo Dio è nel suo cuore. (Cf. Sal 36,30-31)
Colletta O Dio, che per difendere la fede della Chiesa hai donato al santo vescovo Roberto [Bellarmino] scienza e virtù mirabili, concedi al tuo popolo, per sua intercessione, di custodire con gioia l’integrità della stessa fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura Grande è il mistero della vera religiosità. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 1Tm 3,14-16
Figlio mio, ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Sal 110 (111)
R. Grandi sono le opere del Signore.
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, tra gli uomini retti riuniti in assemblea. Grandi sono le opere del Signore: le ricerchino coloro che le amano. R.
Il suo agire è splendido e maestoso, la sua giustizia rimane per sempre. Ha lasciato un ricordo delle sue meraviglie: misericordioso e pietoso è il Signore. R.
Egli dà il cibo a chi lo teme, si ricorda sempre della sua alleanza. Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere, gli diede l’eredità delle genti. R.
Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e sono vita; tu hai parole di vita eterna. (Cf. Gv 6,63c.68c)
Alleluia.
Vangelo Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Dal Vangelo secondo Luca Lc 7,31-35
In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
Il Papa: fermiamo la frenesia quotidiana. La speranza nasce nel silenzio, non nel rumore Nella catechesi dell'udienza generale, Leone XIV riflette su Gesù che viene messo nel sepolcro durante il Sabato Santo per invitare a conoscere la presenza e l’amore di Dio nei momenti di attesa della vita, specialmente in un mondo che corre sempre, fa “fatica” a fermarsi e “riposare”. “Dio non ha paura del tempo che passa perché è Signore anche dell’attesa", dice il Pontefice. Così anche il nostro tempo “inutile” delle pause, dei vuoti, dei momenti sterili, può diventare grembo di risurrezione”
Le Parole dei Papi È proprio la classe dirigente quella che chiude le porte al modo col quale Dio vuole salvarci. E così si capiscono i dialoghi forti di Gesù con la classe dirigente del suo tempo: litigano, lo mettono alla prova, gli tendono trappole per vedere se cade, perché è la resistenza a essere salvati. Gesù dice loro: ‘Ma, io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete?’; ‘Vogliamo fare la salvezza a modo nostro!’. È sempre questa chiusura al modo di Dio. (…) Anche noi, ognuno di noi ha questo dramma dentro. Ma ci farà bene domandarci: come voglio io essere salvato? A modo mio? Al modo di una spiritualità, che è buona, che mi fa bene, ma che è fissa, ha tutto chiaro e non c’è rischio? O al modo divino, cioè sulla strada di Gesù che sempre ci sorprende, che sempre ci apre le porte a quel mistero dell’Onnipotenza di Dio, che è la misericordia e il perdono?”. (Papa Francesco –Omelia Santa Marta, 3 ottobre 2014)
- Il mistero di Cristo, che toglie il peccato del mondo, viene qui conseguentemente inteso come un mistero di riunificazione. L'umanità di Cristo è , per così dire, la "canna da pesca" divina che ha pescato l'indivisa umanità di tutti gli uomini e ora li attira a Sé, così che tutta l'umanità di ogni uomo -- tratta fuori dalla mortale dispersione di quello smembramento che si chiama "peccato" - sia integrata nell'unità del Corpo di Cristo, dell'Uomo-Dio. BENEDETTO XVI (De Einheit der Nationem)
AUGURI DI BUON ONOMASTICO AL SANTO PADRE! Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Cari fratelli e sorelle, nel nostro cammino di catechesi su Gesù nostra speranza, oggi contempliamo il mistero del Sabato Santo. Il Figlio di Dio giace nel sepolcro. Ma questa sua “assenza” non è un vuoto: è attesa, pienezza trattenuta, promessa custodita nel buio. È il giorno del grande silenzio, in cui il cielo sembra muto e la terra immobile, ma è proprio lì che si compie il mistero più profondo della fede cristiana. È un silenzio gravido di senso, come il grembo di una madre che custodisce il figlio non ancora nato, ma già vivo.
Il corpo di Gesù, calato dalla croce, viene fasciato con cura, come si fa con ciò che è prezioso. L’evangelista Giovanni ci dice che fu sepolto in un giardino, dentro «un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto» (Gv 19,41). Nulla è lasciato al caso. Quel giardino richiama l’Eden perduto, il luogo in cui Dio e l’uomo erano uniti. E quel sepolcro mai usato parla di qualcosa che deve ancora accadere: è una soglia, non un termine. All’inizio della creazione Dio aveva piantato un giardino, ora anche la nuova creazione prende avvio in un giardino: con una tomba chiusa che, presto, si aprirà.
Il Sabato Santo è anche un giorno di riposo. Secondo la Legge ebraica, nel settimo giorno non si deve lavorare: infatti, dopo sei giorni di creazione, Dio si riposò (cfr Gen 2,2). Ora anche il Figlio, dopo aver completato la sua opera di salvezza, riposa. Non perché è stanco, ma perché ha terminato il suo lavoro. Non perché si è arreso, ma perché ha amato fino in fondo. Non c’è più nulla da aggiungere. Questo riposo è il sigillo dell’opera compiuta, è la conferma che ciò che doveva essere fatto è stato davvero portato a termine. È un riposo pieno della presenza nascosta del Signore.
Noi facciamo fatica a fermarci e a riposare. Viviamo come se la vita non fosse mai abbastanza. Corriamo per produrre, per dimostrare, per non perdere terreno. Ma il Vangelo ci insegna che saperci fermare è un gesto di fiducia che dobbiamo imparare a compiere. Il Sabato Santo ci invita a scoprire che la vita non dipende sempre da ciò che facciamo, ma anche da come sappiamo congedarci da quanto abbiamo potuto fare.
Nel sepolcro, Gesù, la Parola vivente del Padre, tace. Ma è proprio in quel silenzio che la vita nuova inizia a fermentare. Come un seme nella terra, come il buio prima dell’alba. Dio non ha paura del tempo che passa, perché è Signore anche dell’attesa. Così, anche il nostro tempo “inutile”, quello delle pause, dei vuoti, dei momenti sterili, può diventare grembo di risurrezione. Ogni silenzio accolto può essere la premessa di una Parola nuova. Ogni tempo sospeso può diventare tempo di grazia, se lo offriamo a Dio.
Gesù, sepolto nella terra, è il volto mite di un Dio che non occupa tutto lo spazio. È il Dio che lascia fare, che attende, che si ritira per lasciare a noi la libertà. È il Dio che si fida, anche quando tutto sembra finito. E noi, in quel sabato sospeso, impariamo che non dobbiamo avere fretta di risorgere: prima occorre restare, accogliere il silenzio, lasciarci abbracciare dal limite. A volte cerchiamo risposte rapide, soluzioni immediate. Ma Dio lavora nel profondo, nel tempo lento della fiducia. Il sabato della sepoltura diventa così il grembo da cui può sgorgare la forza di una luce invincibile, quella della Pasqua.
Cari amici, la speranza cristiana non nasce nel rumore, ma nel silenzio di un’attesa abitata dall’amore. Non è figlia dell’euforia, ma dell’abbandono fiducioso. Ce lo insegna la Vergine Maria: lei incarna questa attesa, questa fiducia, questa speranza. Quando ci sembra che tutto sia fermo, che la vita sia una strada interrotta, ricordiamoci del Sabato Santo. Anche nel sepolcro, Dio sta preparando la sorpresa più grande. E se sappiamo accogliere con gratitudine quello che è stato, scopriremo che, proprio nella piccolezza e nel silenzio, Dio ama trasfigurare la realtà, facendo nuove tutte le cose con la fedeltà del suo amore. La vera gioia nasce dall’attesa abitata, dalla fede paziente, dalla speranza che quanto è vissuto nell’amore, certo, risorgerà a vita eterna. PAPA LEONE XIV
GESUITI - Coloro che non vogliono muoversi, che rimangono fermi: Gli uomini di questa generazione. È la generazione a cui Gesù si rivolge a quel tempo a quelli che aveva di fronte; in questo tempo noi che ascoltiamo questa parola, per ogni generazione. Il rischio è di assomigliare a questi bambini che non si smuovono, sembrano proprio delle persone infelici a cui non va bene niente. A volte si dice dei bambini, poi questi bambini possono avere: sei, sette, venti, trenta, sessanta, settanta, novant’anni e via: Tutti questi bambini. Si propone qualcosa, ma se non ci va bene, non va bene. Viene Giovanni, non va bene Giovanni: Ha un demonio. Viene Gesù che è il contrario di Giovanni, non va bene neanche Gesù, cioè i motivi per non muoverci possono essere infiniti. Sembra che il gioco di questi bambini non sia altro che quello di contrastare il gioco: non va bene questo; non va bene il suo contrario; non va bene niente. Sono delle posizioni più che di bambini: infantili, che possono verificarsi ad ogni età; non vogliono fare nulla sono indisponibili. Questi non escono neanche a vedere, oppure possono uscire, ma non vedranno niente e in questo modo si opporranno alla buona notizia; l'unico modo: quello di chiudersi. Narrando questa parabola Gesù offre anche a queste persone una nuova possibilità; la pazienza di cui prima si parlava che non viene mai meno. Non si fa vincere Gesù dalle nostre resistenze. E dicendo: È venuto, infatti, Giovanni Battista; è venuto il Figlio dell'uomo; sta dicendo che le nostre attese sono precedute da una venuta: viene Giovanni, viene Gesù. C’è una venuta che ci precede sempre, che precede anche ogni nostra attesa. Una venuta che ci precede tutti e ci precede sempre. È questa la nostra fiducia. Perché la nostra fiducia è nell’accogliere qualcuno che viene per primo, che non attende la nostra attesa, anzi forse ci porta a scoprire pienamente la nostra attesa. Ci rivela quale desiderio portiamo in noi e che siamo tentati di non prendere nemmeno in considerazione, perché coloro che non intervengono a questo gioco non possono dirsi persone felici, sono lì immobili. Quello che Gesù dice alla fine: La Sapienza fu giustificata da tutti i suoi figli. La rivelazione di Gesù fu giustificata da tutti i suoi figli. Questa Sapienza è una persona che ha dei figli, questa Sapienza è qualcuno, qualcosa che fa nascere e rinascere, che dona vita. Questa è la possibilità che viene continuamente offerta. In questo modo, Gesù associa anche Giovanni alla sua opera e chiama adesso queste persone a prendere posizione. Prima aveva chiamato Giovanni, attraverso la parola che ha consegnato ai suoi discepoli perché gliela portassero; adesso chiama questi altri, questi di questa generazione, chiama ciascuno di noi. Questa verità che Gesù rivela necessita di una fede che l’accolga. C’è bisogno di qualcuno che accolga questa parola mettendola a fondamento della propria vita. Una parola che conoscerà difficoltà, ma che è quella che ci rivela chi è Gesù, ma rivelandoci chi è Gesù ci rivela chi siamo noi. Questi bambini che rifiutano il lamento, che rifiutano la gioia, non solo non conoscono Giovanni e Gesù, non conoscono o non vogliono conoscere nemmeno loro stessi.
San Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa, della Compagnia di Gesù, che seppe brillantemente disputare nelle controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume. Nominato cardinale, si dedicò con premura al ministero pastorale nella Chiesa di Capua e, infine, a Roma si adoperò molto in difesa della Sede Apostolica e della dottrina della fede. SANTO PROTETTORE DEI CATECHISTI, prega per noi!
RispondiEliminaAntifona
EliminaIn mezzo alla Chiesa gli ha aperto la bocca,
il Signore lo ha colmato dello spirito
di sapienza e d’intelligenza;
gli ha fatto indossare una veste di gloria. (Cf. Sir 15,5)
Oppure:
La bocca del giusto medita sapienza
e la sua lingua esprime verità;
la legge del suo Dio è nel suo cuore. (Cf. Sal 36,30-31)
Colletta
O Dio, che per difendere la fede della Chiesa
hai donato al santo vescovo Roberto [Bellarmino]
scienza e virtù mirabili,
concedi al tuo popolo, per sua intercessione,
di custodire con gioia l’integrità della stessa fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Grande è il mistero della vera religiosità.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1Tm 3,14-16
Figlio mio, ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità.
Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità:
egli fu manifestato in carne umana
e riconosciuto giusto nello Spirito,
fu visto dagli angeli
e annunciato fra le genti,
fu creduto nel mondo
ed elevato nella gloria.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 110 (111)
R. Grandi sono le opere del Signore.
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
tra gli uomini retti riuniti in assemblea.
Grandi sono le opere del Signore:
le ricerchino coloro che le amano. R.
Il suo agire è splendido e maestoso,
la sua giustizia rimane per sempre.
Ha lasciato un ricordo delle sue meraviglie:
misericordioso e pietoso è il Signore. R.
Egli dà il cibo a chi lo teme,
si ricorda sempre della sua alleanza.
Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
gli diede l’eredità delle genti. R.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e sono vita;
tu hai parole di vita eterna. (Cf. Gv 6,63c.68c)
Alleluia.
Vangelo
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7,31-35
In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
Parola del Signore.
Il Papa:
Eliminafermiamo la frenesia quotidiana.
La speranza nasce nel silenzio, non nel rumore
Nella catechesi dell'udienza generale, Leone XIV riflette su Gesù che viene messo nel sepolcro durante il Sabato Santo per invitare a conoscere la presenza e l’amore di Dio nei momenti di attesa della vita, specialmente in un mondo che corre sempre, fa “fatica” a fermarsi e “riposare”. “Dio non ha paura del tempo che passa perché è Signore anche dell’attesa", dice il Pontefice. Così anche il nostro tempo “inutile” delle pause, dei vuoti, dei momenti sterili, può diventare grembo di risurrezione”
Le Parole dei Papi
RispondiEliminaÈ proprio la classe dirigente quella che chiude le porte al modo col quale Dio vuole salvarci. E così si capiscono i dialoghi forti di Gesù con la classe dirigente del suo tempo: litigano, lo mettono alla prova, gli tendono trappole per vedere se cade, perché è la resistenza a essere salvati. Gesù dice loro: ‘Ma, io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete?’; ‘Vogliamo fare la salvezza a modo nostro!’. È sempre questa chiusura al modo di Dio. (…) Anche noi, ognuno di noi ha questo dramma dentro. Ma ci farà bene domandarci: come voglio io essere salvato? A modo mio? Al modo di una spiritualità, che è buona, che mi fa bene, ma che è fissa, ha tutto chiaro e non c’è rischio? O al modo divino, cioè sulla strada di Gesù che sempre ci sorprende, che sempre ci apre le porte a quel mistero dell’Onnipotenza di Dio, che è la misericordia e il perdono?”.
(Papa Francesco –Omelia Santa Marta, 3 ottobre 2014)
- Il mistero di Cristo, che toglie il peccato del mondo, viene qui conseguentemente inteso come un mistero di riunificazione.
L'umanità di Cristo è , per così dire, la "canna da pesca" divina che ha pescato l'indivisa umanità di tutti gli uomini e ora li attira a Sé, così che tutta l'umanità di ogni uomo -- tratta fuori dalla mortale dispersione di quello smembramento che si chiama "peccato" - sia integrata nell'unità del Corpo di Cristo, dell'Uomo-Dio.
BENEDETTO XVI (De Einheit der Nationem)
AUGURI DI BUON ONOMASTICO AL SANTO PADRE!
EliminaCiclo di Catechesi – Giubileo 2025.
Cari fratelli e sorelle,
nel nostro cammino di catechesi su Gesù nostra speranza, oggi contempliamo il mistero del Sabato Santo. Il Figlio di Dio giace nel sepolcro. Ma questa sua “assenza” non è un vuoto: è attesa, pienezza trattenuta, promessa custodita nel buio. È il giorno del grande silenzio, in cui il cielo sembra muto e la terra immobile, ma è proprio lì che si compie il mistero più profondo della fede cristiana. È un silenzio gravido di senso, come il grembo di una madre che custodisce il figlio non ancora nato, ma già vivo.
Il corpo di Gesù, calato dalla croce, viene fasciato con cura, come si fa con ciò che è prezioso. L’evangelista Giovanni ci dice che fu sepolto in un giardino, dentro «un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto» (Gv 19,41). Nulla è lasciato al caso. Quel giardino richiama l’Eden perduto, il luogo in cui Dio e l’uomo erano uniti. E quel sepolcro mai usato parla di qualcosa che deve ancora accadere: è una soglia, non un termine. All’inizio della creazione Dio aveva piantato un giardino, ora anche la nuova creazione prende avvio in un giardino: con una tomba chiusa che, presto, si aprirà.
Il Sabato Santo è anche un giorno di riposo. Secondo la Legge ebraica, nel settimo giorno non si deve lavorare: infatti, dopo sei giorni di creazione, Dio si riposò (cfr Gen 2,2). Ora anche il Figlio, dopo aver completato la sua opera di salvezza, riposa. Non perché è stanco, ma perché ha terminato il suo lavoro. Non perché si è arreso, ma perché ha amato fino in fondo. Non c’è più nulla da aggiungere. Questo riposo è il sigillo dell’opera compiuta, è la conferma che ciò che doveva essere fatto è stato davvero portato a termine. È un riposo pieno della presenza nascosta del Signore.
Noi facciamo fatica a fermarci e a riposare.
Viviamo come se la vita non fosse mai abbastanza.
Corriamo per produrre, per dimostrare, per non perdere terreno.
Ma il Vangelo ci insegna che saperci fermare è un gesto di fiducia che dobbiamo imparare a compiere.
Il Sabato Santo ci invita a scoprire che la vita non dipende sempre da ciò che facciamo, ma anche da come sappiamo congedarci da quanto abbiamo potuto fare.
Nel sepolcro, Gesù, la Parola vivente del Padre, tace. Ma è proprio in quel silenzio che la vita nuova inizia a fermentare. Come un seme nella terra, come il buio prima dell’alba. Dio non ha paura del tempo che passa, perché è Signore anche dell’attesa. Così, anche il nostro tempo “inutile”, quello delle pause, dei vuoti, dei momenti sterili, può diventare grembo di risurrezione. Ogni silenzio accolto può essere la premessa di una Parola nuova. Ogni tempo sospeso può diventare tempo di grazia, se lo offriamo a Dio.
Gesù, sepolto nella terra, è il volto mite di un Dio che non occupa tutto lo spazio. È il Dio che lascia fare, che attende, che si ritira per lasciare a noi la libertà. È il Dio che si fida, anche quando tutto sembra finito. E noi, in quel sabato sospeso, impariamo che non dobbiamo avere fretta di risorgere: prima occorre restare, accogliere il silenzio, lasciarci abbracciare dal limite. A volte cerchiamo risposte rapide, soluzioni immediate. Ma Dio lavora nel profondo, nel tempo lento della fiducia. Il sabato della sepoltura diventa così il grembo da cui può sgorgare la forza di una luce invincibile, quella della Pasqua.
Cari amici, la speranza cristiana non nasce nel rumore, ma nel silenzio di un’attesa abitata dall’amore. Non è figlia dell’euforia, ma dell’abbandono fiducioso. Ce lo insegna la Vergine Maria: lei incarna questa attesa, questa fiducia, questa speranza. Quando ci sembra che tutto sia fermo, che la vita sia una strada interrotta, ricordiamoci del Sabato Santo. Anche nel sepolcro, Dio sta preparando la sorpresa più grande. E se sappiamo accogliere con gratitudine quello che è stato, scopriremo che, proprio nella piccolezza e nel silenzio,
EliminaDio ama trasfigurare la realtà, facendo nuove tutte le cose con la fedeltà del suo amore.
La vera gioia nasce dall’attesa abitata, dalla fede paziente, dalla speranza che quanto è vissuto nell’amore, certo, risorgerà a vita eterna.
PAPA LEONE XIV
https://salmiognigiorno.blogspot.com/2025/07/salmo-111-lode-dio.html
EliminaGESUITI - Coloro che non vogliono muoversi, che rimangono fermi: Gli uomini di questa generazione. È la generazione a cui Gesù si rivolge a quel tempo a quelli che aveva di fronte; in questo tempo noi che ascoltiamo questa parola, per ogni generazione. Il rischio è di assomigliare a questi bambini che non si smuovono, sembrano proprio delle persone infelici a cui non va bene niente. A volte si dice dei bambini, poi questi bambini possono avere: sei, sette, venti, trenta, sessanta, settanta, novant’anni e via: Tutti questi bambini.
RispondiEliminaSi propone qualcosa, ma se non ci va bene, non va bene.
Viene Giovanni, non va bene Giovanni: Ha un demonio.
Viene Gesù che è il contrario di Giovanni, non va bene neanche Gesù, cioè i motivi per non muoverci possono essere infiniti.
Sembra che il gioco di questi bambini non sia altro che quello di contrastare il gioco: non va bene questo; non va bene il suo contrario; non va bene niente. Sono delle posizioni più che di bambini: infantili, che possono verificarsi ad ogni età; non vogliono fare nulla sono indisponibili. Questi non escono neanche a vedere, oppure possono uscire, ma non vedranno niente e in questo modo si opporranno alla buona notizia; l'unico modo: quello di chiudersi.
Narrando questa parabola Gesù offre anche a queste persone una nuova possibilità; la pazienza di cui prima si parlava che non viene mai meno. Non si fa vincere Gesù dalle nostre resistenze.
E dicendo: È venuto, infatti, Giovanni Battista; è venuto il Figlio dell'uomo; sta dicendo che le nostre attese sono precedute da una venuta: viene Giovanni, viene Gesù.
C’è una venuta che ci precede sempre, che precede anche ogni nostra attesa. Una venuta che ci precede tutti e ci precede sempre.
È questa la nostra fiducia. Perché la nostra fiducia è nell’accogliere qualcuno che viene per primo, che non attende la nostra attesa, anzi forse ci porta a scoprire pienamente la nostra attesa. Ci rivela quale desiderio portiamo in noi e che siamo tentati di non prendere nemmeno in considerazione, perché coloro che non intervengono a questo gioco non possono dirsi persone felici, sono lì immobili.
Quello che Gesù dice alla fine: La Sapienza fu giustificata da tutti i suoi figli.
La rivelazione di Gesù fu giustificata da tutti i suoi figli. Questa Sapienza è una persona che ha dei figli, questa Sapienza è qualcuno, qualcosa che fa nascere e rinascere, che dona vita. Questa è la possibilità che viene continuamente offerta. In questo modo, Gesù associa anche Giovanni alla sua opera e chiama adesso queste persone a prendere posizione. Prima aveva chiamato Giovanni, attraverso la parola che ha consegnato ai suoi discepoli perché gliela portassero; adesso chiama questi altri, questi di questa generazione, chiama ciascuno di noi.
Questa verità che Gesù rivela necessita di una fede che l’accolga.
C’è bisogno di qualcuno che accolga questa parola mettendola a fondamento della propria vita. Una parola che conoscerà difficoltà, ma che è quella che ci rivela chi è Gesù, ma rivelandoci chi è Gesù ci rivela chi siamo noi. Questi bambini che rifiutano il lamento, che rifiutano la gioia, non solo non conoscono Giovanni e Gesù, non conoscono o non vogliono conoscere nemmeno loro stessi.